Opinioni

Le parole del Papa. Giubileo e migranti La porta da trovare

Paolo Lambruschi venerdì 21 agosto 2015
​Il Papa coglie l’occasione della prossima giornata dei migranti per invitare ad accogliere con grande misericordia i profughi nell’anno del Giubileo. E rimanda anzitutto a tutti coloro - oltre duemila uomini, donne e bambini - che sono morti attraversando il Mediterraneo nei primi mesi del 2015, vittime di racket di trafficanti senza scrupoli. Troppi, anche se le nostre coscienze, come ha ricordato ieri il cardinale Vegliò, si abituano in fretta al male e diventano indifferenti. Poi nella mente scorrono le immagini quotidiane dei tg estivi cui ci siamo abituati, con tanti gommoni e barconi tratti in salvo, i drammi delle tante famiglie divise sulle spiagge del Mediterraneo, di troppi padri, madri e figli in lacrime per qualcuno perso per sempre. O per paura. La stessa che provano molte persone e sulla quale purtroppo continua a prosperare - alimentandola - una vera e propria "industria" politica e mediatica. Ma c’è una cosa che dovremmo ricordare alla vigilia del Giubileo e che tanti media e troppi politici tacciono: i dati confermano che dal 1945 non ci sono mai stati tanti uomini, donne e bambini  in movimento migratorio forzato. Siamo davanti a un fenomeno storico, chi non l’ha ancora capito è fuori dal tempo o è in malafede. Le parole sulla misericordia e i discorsi appena pronunciati da Francesco sulla dignità del lavoro, sull’importanza di rispettare il ruolo della famiglia e, in particolare, delle donne madri e lavoratrici ci scuotono mentre abbiamo davanti agli occhi storie di ingiustizia, di uomini e donne sfruttati fino a morire nelle campagne italiane. Come Paola Clemente, la mamma 49enne di San Giorgio Ionico caduta il 13 luglio sotto il sole, o Mohamed il sudanese stramazzato a Nardò pochi giorni dopo. Tragedie della povertà e dello sfruttamento che rivelano il ritorno, accanto agli stranieri, dei braccianti italiani nei campi senza legge dominati dai "caporali" dove almeno 350-400mila persone vengono sfruttate. Lo confermano i rapporti delle organizzazioni sindacali e delle associazioni impegnate in prima linea. E almeno 100mila di costoro lavorano in condizioni paraschiavistiche. Mentre i caporali, gli «scafisti di terra» come li ha efficacemente chiamati qualcuno, con la rete di lavoro illegale rubano alle casse dello Stato - cioè a tutti noi - 600 milioni di euro l’anno. Nella platea disperata e affamata che attende una chiamata per una giornata che inizia alle tre del mattino e finisce al tramonto ci sono, dunque, profughi usciti dal circuito dell’accoglienza, ma anche tanti disoccupati - italiani e immigrati regolari - che accettano di lavorare senza contratto in un mercato dove i prezzi - come fossimo nell’800 - li stabiliscono al ribasso i proprietari più grossi e la grande distribuzione e dove la mafia gioca un ruolo importante. Ci sono anche migliaia di minori, italiani - è una delle piaghe della miseria nazionale nel Mezzogiorno - e bambini stranieri non accompagnati. Come si fa a distinguere? Non c’è davvero differenza per chi lotta contro le ingiustizia e l’illegalità tra la miseria dei connazionali e dei migranti. Bisogna ripeterlo ancora una volta: eccitare guerre tra poveri serve solo agli sfruttatori.La vicenda tragica della madre di tre figli costretta ad alzarsi alle due del mattino per attraversare la Puglia su un bus di proprietà dei caporali e lavorare per un salario di 27 euro al giorno è un pugno nello stomaco. Ricorda che questa povertà è scandalosa sempre, e che sulla miseria ci sono persone e organizzazioni che si arricchiscono. In Italia le leggi contro lo sfruttamento ci sono, una in più specificamente contro caporali e imprenditori conniventi arriverà presto. E qualcosa, forse, si sta rompendo nel muro di omertà grazie a una lunga battaglia combattuta dalla parte migliore e più consapevole della società civile. Un buon segnale è l’operazione trasparenza sulla filiera agricola con un "certificato etico" per i prodotti che non utilizzano lavoro nero e non sfruttano (proprio come nel commercio equo) che ci aiuterà a essere consumatori responsabili.Ma prima di ogni cosa occorre che l’Italia e l’Europa, per combattere le ingiustizie, ritrovino forza morale. Magari lasciandosi ispirare dalle iniziative del poeta ed editore Arnoldo Mosca Mondadori, che con lo scultore Palladino e l’associazione Amani realizzò anni fa la Porta di Lampedusa e l’anno scorso la Croce fatta con il legno dei barconi naufragati sull’isola che peregrina tra le parrocchie italiane. Sarebbe bello se la Porta diventasse uno dei luoghi simbolici del Giubileo, chiamata alla richiesta di perdono per l’indifferenza davanti a un dolore così grande e così globale. Abbiamo bisogno di ritrovare la pace con noi stessi e la via della misericordia. Quella che oggi pare così lontana dal cuore dell’Europa e del Nord del mondo.