Opinioni

«La nostra madrepatria è l'Europa». Appello di donne per un'altra Difesa

Marco Tarquinio domenica 3 aprile 2022

Lettera aperta ai vertici Ue (e italiani) con la proposta di un Servizio civile obbligatorio europeo. Condivido in pieno


A Ursula von der Leyen

(Commissione europea),

a Charles Michel (Consiglio)

a Roberta Metsola (Parlamento)

e per conoscenza

a Sergio Mattarella

a Mario Draghi

Indirizziamo a voi questa lettera perché avete l’autorità di rivolgervi ai 27 Paesi dell’Unione Europea per imprimere, nel momento della più grave crisi della storia dell’Unione, una svolta alla politica estera e di sicurezza europea.

All’inizio della guerra di aggressione condotta dalla Russia all’Ucraina, la nostra Associazione di donne ha avvertito la responsabilità di prendere posizione senza rifugiarsi nella scelta pacifista che si appella all’antica estraneità delle donne all’esercizio del potere. Ormai in Europa alla testa di istituzioni nazionali e comunitarie ci sono state e ci sono molte donne per non parlare della loro presenza diffusa in tutte le articolazioni della vita politica, civile, economica, sociale e anche militare.Non è casuale che lo sviluppo della cittadinanza paritaria tra donne e uomini sia diventato tratto distintivo dell’Unione Europea, nata sul principio "mai più guerra". Costituisce una straordinaria novità, nel panorama delle istituzioni statali mondiali, il riconoscimento della differenza femminile che, lungi dall’essere fonte di diseguaglianza, rappresenta la più autentica ed effettiva matrice di governo pacifico del pluralismo culturale, linguistico, religioso dei popoli europei. Ebbene questo grande cambiamento ci obbliga a essere protagoniste del destino dell’Europa e della difesa del principio che la fece rinascere dopo la catastrofe del secondo conflitto mondiale: la messa al bando della logica del più forte e dell’uso della guerra per dirimere le controversie tra i popoli. La Russia ha violato apertamente questo principio e quindi l’Ucraina va sostenuta nella sua resistenza all’esercito invasore con tutti i mezzi, anche militari. Ma questo inequivocabile appoggio al popolo ucraino, unito alla ricerca tenace di un accordo che ponga termine alla tragedia della guerra, non comporta per noi l’accettazione supina della logica della forza e di una idea della politica fondata sulla divisione amico/nemico. Anzi. Il dramma ucraino che investe tutti i popoli europei ci mostra l’urgente necessità di accelerare il processo di unificazione dell’Europa che deve finalmente assumersi la responsabilità di delineare la sua visione di politica estera e di difesa, di vicinato e di riorganizzazione delle relazioni mondiali, dopo un trentennio che invece di inaugurare la "fine della storia" è teatro, come ripete da tempo papa Francesco, di una guerra mondiale a pezzi. In questo quadro lo strumento difensivo della Nato deve essere ripensato tenendo conto dell’autonoma prospettiva politica dell’Europa.

Per questo non possiamo accettare che i Paesi europei, a cominciare dal nostro Paese, procedano a riarmarsi con gli stessi modi e criteri del passato. No, la guerra in corso chiede al contrario una revisione profonda dei criteri della difesa europea, innanzitutto con lo sviluppo del suo coordinamento e autonomia, e con investimenti in settori più avanzati e moderni non solo sul piano tecnologico ma storico. Perché non impiegare una parte dell’aumento della spesa militare – a cui ora tutti i Paesi europei sono richiamati – per mettere in piedi un servizio di difesa civile europeo obbligatorio per ragazze e ragazzi? Si tratterebbe di delineare finalmente il profilo di una nazione europea che, a differenza di quanto è accaduto per gli Stati nazionali, si fondi non sul popolo (di maschi) in armi, ma su cittadini e cittadine che provano a civilizzare la grande politica non ancorandola alla guerra. Un servizio civile europeo obbligatorio consentirebbe anche di educare le nuove generazioni alla consapevolezza che l’appartenenza all’Europa e la pace non sono un regalo che casca dal cielo ma una difficile impresa che chiede sacrifici e impegno di tutti.

Francesca Izzo, Cristina Comencini, Serena Sapegno, Francesca Marinaro, Fabrizia Giuliani, Ilenia De Bernardis, Simonetta Robiony, Antonella Crescenzi, Rita Cavallari, Licia Conte, Donatina Persichetti, Sara Ventroni per Se non ora quando-Libere


Accolgo e rilancio volentieri l’appello europeo delle donne di Se non ora quando-Libere. Non intendo aggiungere con questo gesto la mia firma a quelle di tutte loro, qui rappresentate da figure note e apprezzate, perché comprendo e rispetto la natura femminile e femminista di questa «lettera aperta». Ma mi permetto di accompagnarlo, perché lo condivido profondamente. Fa lievitare, o meglio sbocciare, nella dimensione dell’Unione dei Ventisette, la proposta di un Servizio civile obbligatorio per giovani uomini e giovani donne e che è anche mia da almeno dieci anni. Se «La nostra Madrepatria è l’Europa», come afferma il titolo di questa lettera indirizzata ai vertici istituzionali e politici della Ue in condivisione con il nostro Capo dello Stato e con il Presidente del Consiglio, allora è assolutamente giusto che il servizio a essa, servizio che rende esperienza formativa concreta una cittadinanza fatta di diritti e di doveri, sia civilmente comune alle e ai giovani dei Paesi membri. Una proposta preziosa perché contribuisce a dar senso nuovo e compiuto alla prospettiva d’una Difesa Ue, delineandone con lucidità la "seconda gamba" – civile e nonviolenta accanto a quella militare ma non aggressiva – che dovrebbe contribuire a farla procedere, e non in modo sghembo, accelerando il cammino dell’integrazione politica e (con)federale. Essa può, inoltre, rivelarsi un antidoto alle purtroppo possibili involuzioni autoreferenziali e nazionaliste di singoli Stati della Ue che, all’ombra della Nato, potrebbe essere incentivata proprio dall’aumento delle spese militari. Vale la pena di ragionarci a fondo.