Opinioni

Corsa alla Casa Bianca. La giustizia co-protagonista scomoda delle elezioni

Elena Molinari martedì 15 agosto 2023

La giustizia americana è diventata un personaggio chiave delle elezioni presidenziali del prossimo anno negli Stati Uniti, talmente vicina ai candidati da creare in entrambi i partiti il timore che sia diventata un’arma politica. È una situazione unica in 234 anni di storia americana, anche in un Paese dove i presidenti nominano i giudici e i cittadini eleggono i procuratori affiliati a un partito.

Il candidato principale del partito repubblicano, Donald Trump, è imputato in tre procedimenti penali, con accuse che vanno dall’utilizzo illegale di fondi elettorali fino al tentativo di sovvertire il risultato del voto del 2020 e all’incitazione alla rivolta.

Joe Biden non ha casi pendenti a suo carico, ma suo figlio, Hunter, probabilmente dovrà affrontare un processo per reati fiscali minori ( misdemeanors) e possesso illegale di un’arma. In entrambi i casi, il ministro alla Giustizia ha ritenuto necessario nominare un procuratore speciale, che sia il più super partes possibile e possa operare con libertà di manovra e indipendenza. In entrambi i casi i processi si terranno il prossimo anno, nel pieno delle primarie, delle convention, dei comizi e dei dibattiti che culmineranno con l’elezione di un nuovo capo della Casa Bianca il 5 novembre 2024. Ma le analogie finiscono qui.

L’elevazione di David Weiss, procuratore federale del Delaware, a super inquirente per il caso di Hunter Biden arriva al termine di cinque anni di indagini avviate da Donald Trump sulla famiglia del suo rivale politico che l’allora presidente accusava di corruzione e di aver utilizzato il suo potere come vicepresidente per arricchire e coprire i reati del figlio. Eppure dal 2019 a oggi Weiss non ha trovato nulla di tutto questo. Le uniche prove nelle sue mani puntano a affari poco chiari che Hunter avrebbe condotto all’estero, anche all’insaputa del fisco e probabilmente facendo leva sul suo cognome. Se Weiss, un repubblicano e un procuratore agguerrito, avesse scoperto la minima implicazione del padre, gli elettori americani e il resto del mondo ne sarebbero già venuti a conoscenza.

Jack Smith, il super procuratore nominato a novembre e che ha istruito due dei casi contro Trump, in otto mesi di lavoro ha raccolto abbastanza prove da accusare l’ex presidente degli Stati Uniti di 37 crimini che potrebbero portarlo in prigione per il resto della vita.

Finora gli elettori americani hanno colto le differenze. I sondaggi mostrano che gli americani non credono alle accuse dei repubblicani alla Camera (la fazione più estrema dei politici del Grand Old Party) e dei leader del movimento trumpiano del Maga (Make America Great Again) che le indagini nei confronti di Hunter rivelano la strumentalizzazione della giustizia da parte di Joe Biden. Per il momento infatti la maggior parte degli elettori Usa ritiene che Biden è «un buon padre perché sostiene il figlio» e solo il 26% dichiara di essere meno propenso a votare per lui a causa dei problemi di Hunter. Ma un processo del figlio del presidente in carica e candidato alla rielezione potrebbe cambiare la percezione pubblica, rivelandosi una fonte di imbarazzo per la Casa Bianca e fornendo occasioni a Trump di equiparare i suoi guai giudiziari a quelli del suo principale rivale. Soprattutto, a processo nei prossimi mesi ci saranno magistrati e procuratori americani, che dovranno dimostrare la loro indipendenza dalla politica e la loro capacità di respingere le pressioni dei presidenti che li hanno nominati e dei partiti che hanno sostenuto la loro elezione.