Opinioni

Il direttore risponde. La gara che vorremmo vedere

Marco Tarquinio venerdì 22 febbraio 2013
Caro direttore,
sta per concludersi una campagna elettorale in cui va riconosciuta la mancanza di pathos. Il Paese è stanco e, da più di un punto di vista, si può comprendere uno stato d’animo che si orienta verso un voto di protesta e di rabbia, alimentando liste che hanno poco di propositivo, ma riescono a intercettare quanti non si rassegnano al non voto.
 
Abbiamo un bel dire che si tratta di un approccio qualunquistico e demagogico, ma a essere onesti dobbiamo ammettere che, dietro queste posizioni – ormai anche di persone che vengono da lunghe appartenenze in cui non si riconoscono più – sta una domanda che non si può eludere, una domanda di buona politica, non soddisfatta adeguatamente dai partiti. Ritengo che uno sforzo grande vada fatto nella direzione di assicurare, in questa fase, governabilità al Paese, che si debbano privilegiare quelle proposte che offrono elementi di programma concreti e nello stesso tempo che si debba pretendere un impegno a collaborare insieme per la soluzione dei principali problemi.
 
Altrimenti il rischio tangibile e drammatico è la messa in forse della stessa dinamica democratica. La responsabilità dei credenti in questo senso assume oggi un rilievo particolare. L’obiettivo alto è quello di operare per il bene comune, al di là delle appartenenze e delle scelte di parte, alzare il tono della politica contribuendo a darle quello spessore progettuale, quella idealità così poco presente nel dibattito attuale. Certo si poteva fare di più e meglio nella fase che ci ha portato a queste elezioni. Ritengo vada fatta una verifica schietta di quei percorsi che hanno operato nella direzione di porre in essere qualcosa di nuovo, pensando a uno strumento tendenzialmente unitivo.
 
Dobbiamo partire dalla situazione attuale, e da quello che sarà il risultato del voto. Impegnandoci fin d’ora ad alimentare uno stile di confronto. Se da un lato, come è stato spesso richiamato, sono in primo piano valori non negoziabili – il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme – dall’altro è sempre più evidente come sia necessario concentrare l’attenzione su temi quali il lavoro, la sanità, le forme di welfare possibili, l’Europa e il suo ruolo nella governance mondiale. Così come sono emergenti questioni di grande respiro quali i flussi migratori e il grande tema dell’inclusione nelle società occidentali, l’emergenza carceri, ovvero il diritto alla rieducazione di chi è condannato e la necessità di prospettare nuove strutture e una sensibilità più ampia. Così come temi quali il futuro del Pianeta, l’ambiente, le fonti rigenerabili.
 
Accanto ai contenuti di cultura politica su cui i credenti possono offrire un contributo di pensiero e di azione, vi è la necessità di mettere in primo piano un aspetto di fondo: la relatività della politica e allo stesso tempo la centralità della fede. Le possibili diverse opzioni non possono mettere in difficoltà la comunione nella comunità cristiana. Ciò comporta un’educazione all’interno delle nostre realtà e un cambiamento di stile anche per quanti sono attivi nello scenario politico: è urgente porre in essere l’insegnamento paolino, quel gareggiate nello stimarvi a vicenda che è senz’altro difficile e che non comporta la riduzione a un pensiero unico, bensì – appunto – la stima reciproca, con l’obiettivo fondamentale della ricerca della verità e della soluzione migliore.
Ernesto Preziosi
Credo che questa tua riflessione, caro Ernesto, sia lucida e utile. Soprattutto in questo momento, al limitare della pausa di riflessione che precederà il nostro voto per il nuovo Parlamento nazionale. Qualcuno la giudicherà "buonista", io la considero l’impegno onesto di un cattolico onesto che ha deciso di fare onestamente politica. Hai scelto un campo – quello del centrosinistra, candidandoti a deputato per il Pd – nel quale tanti italiani e tanti cattolici (e io con loro) avrebbero voluto cogliere più spesso, con eguale chiarezza e con lo stesso piglio pacato e forte, parole e determinazioni come quelle che tu scrivi. E che somigliano, credibilmente, a ciò che hai sempre sostenuto e testimoniato nella tua vita di cittadino e di credente. Ti auguro, perciò, di essere contagioso, là dove hai scelto di stare, perché so che non ti sarà affatto facile: il veleno dell’individualismo, il dogmatismo tecnoscientista e dosi d’urto di cultura radicale hanno potentemente corroso il solidarismo della sinistra italiana. Quel solidarismo che, pur su basi seriamente diverse, ha a lungo caratterizzato sia il cattolicesimo popolare sia la visione socialista, mettendoli spesso in competizione eppure rendendoli a più riprese (e attraverso l’azione di soggetti via via diversi) complementari in frangenti e stagioni chiave per la vita della nostra comunità nazionale. Ti auguro di essere conseguente, caro Ernesto, cioè di saper fare la tua parte e di saper "fare rete" con coloro che, come te, nel partito che hai scelto e negli altri di diverso orientamento, credono che la fede dia senso efficace all’azione politica e illumini quella visione essenziale dell’uomo e della donna che non può mai essere "negoziata", che cioè non può essere messa sul bancone del mercato in questo nostro mondo che (con slogan accattivanti e politicamente corretti) proprio di tutto vuol fare mercato. Gareggiate, da cattolici fianco a fianco con laici altrettanto seri, nel fare bene "stimandovi a vicenda" e avremo un motivo serio per tornare a stimare chi ci rappresenta.