Opinioni

La foto. La storia di due non ebrei internati nel campo di Mauthausen

Piergiorgio Pescali giovedì 27 gennaio 2022

C’è una fotografia, oggi custodita nell’archivio del campo di Mauthausen, scattata il 30 luglio 1942 che ritrae Hans Bonarewitz mentre viene condotto al patibolo. Qualche settimana prima, Hans era riuscito a scappare dal campo nascondendosi in una cassa di legno; venne ripreso poco dopo e costretto a dormire in quella stessa cassa. Ora Bonarewitz, in piedi su un carretto con il corpo irrigidito per la paura, sta per venire portato tra due file di prigionieri verso il cappio che gli cingerà il collo. Hans non è ebreo, ma un Brauner, un austriaco gitano.

Tra i membri dell’orchestrina ritratta nella stessa foto, e che lo stesso comandante del campo, Franz Ziereis, ha voluto allestire per allietare le visite dei gerarchi e per commemorare gli anniversari del Terzo Reich, si intravede un uomo basso, in uniforme carceraria a righe bianche e azzurre, che suona la fisarmonica. È Wilhelm Heckmann, diplomato al conservatorio. Si esibiva in teatri e in concerti, ma nel 1937 venne internato prima a Dachau, poi a Mauthausen. Come Bonarewitz, anche Heckmann non è ebreo. È un Rosaroter, un omosessuale e per questo fu arrestato nonostante la sua famiglia fosse genuinamente nazionalista e simpatizzante del partito nazista. A differenza di Hans, Wilhelm si salverà dall’incubo concentrazionario, ma la foto in cui i due prigionieri sono ritratti mostra l’orrore e l’efferatezza raggiunta da un’ideologia che fece della purezza, non solo etnica, ma anche 'etica', un pilastro della propria dottrina.