Opinioni

Il direttore risponde. «La Dottrina sociale non è il Vangelo» Ma ne è figlia. E ci dà buoni attrezzi

Marco Tarquinio martedì 23 dicembre 2014
Gentile direttore,
non capisco perché la Chiesa dia tanta importanza alla cosiddetta “dottrina sociale” che di cristiano non ha nulla. Il Vangelo non parla mai di questioni sociali per il semplice motivo che il sociale non ha niente di spirituale e appartiene alla materialità della politica e dell’economia. Il Vangelo è perfetto così com’è, mentre le modifiche o aggiunte successive sono presuntuose e fasulle. Mi dispiace dire queste cose, ma è esattamente quello che penso. Cordiali saluti.
Giovanni Gaspari
Che cosa posso dirle? Se davvero le dispiace pensar male della Dottrina sociale della Chiesa, gentile signor Gaspari, non lo faccia. Anche perché le basi di quella Dottrina, checché se ne possa (mal) pensare, sono assolutamente evangeliche. Non è il Vangelo, ma ne è figlia. Chi se la sentirebbe davvero di etichettare come bizzarro e addirittura alieno rispetto alla Parola del Signore il dare la giusta retribuzione agli operai, il garantire il rispetto del tempo della festa (che è di Dio, della famiglia e della comunità) accanto al tempo del lavoro, l’uso dei propri talenti (capacità e ricchezze…) a vantaggio della società di cui si è parte, l’idea della precedenza della coscienza sulla legge quando in ballo ci sono le grandi questioni della vita? E, poi, gentile lettore, ha forse dubbi sul fatto che, battendo altre vie – dal padronato aristocratico al collettivismo, dal liberismo selvaggio al dirigismo statalista – l’umanità ha anche saputo avanzare, ma in molti modi ha funestato (e ancora mortifica) l’esistenza di persone e di società, e ha danneggiato il mondo che ci è dato da coltivare e custodire... Insomma, la Dottrina sociale della Chiesa mette insieme “attrezzi da lavoro” per il buon cristiano che, qui e ora, possono essere apprezzati e usati anche da chi non crede. Naturalmente possono anche essere irrisi e giudicati inutili. Per fortuna, tanti si vanno convincendo del contrario (non abbastanza, anche tra i cattolici, dice qui accanto il professor Campanini...). Voglio perciò dirle, con sincera cordialità e con speranza, che a pensare male si fa peccato, e non sempre ci si azzecca. A fare bene, invece, ci si azzecca comunque. Questo la «Dsc» valorizza e a questo motiva e impegna.