Opinioni

Il direttore risponde. «La democrazia Usa rischia grosso» Non credo, ma la politica è malata

Marco Tarquinio domenica 10 luglio 2016
​Gentile direttore,
nel caos mediatico di questi giorni, tra Brexit ed episodi di intolleranza razziale, passa inosservato un dibattito che sta coinvolgendo non pochi osservatori negli Stati Uniti, che vedono il presidente Obama come prossimo a dichiarare la legge marziale proprio a causa dei disordini di questi giorni. I più maligni, come il repubblicano Ben Carson, dicono che è una scusa per far saltare le elezioni presidenziali di novembre per evitare l’elezione, data ormai per scontata, di Donald Trump. Per certi versi, nulla di nuovo sotto il sole, visto che tutto l’establishment americano odia il miliardario perché in campagna elettorale ha fatto capire che rivoluzionerà le posizioni dominanti e le oligarchie che a Washington sono incancrenite da decenni. Ma se questa voce fosse vera, segnerebbe davvero la fine della democrazia per gli Stati Uniti.
 
Marco Dal Prà - Mestre (Ve)
Si può non amare il “modello americano” o, come nel mio caso, nutrire più di un dubbio su alcuni suoi storici punti fermi – cito solo l’universale diritto a portare armi – che per tanti di noi risultano inconcepibili. O si può dubitare di un meccanismo elettorale che porta a dover scegliere nelle presidenziali del prossimo autunno, secondo il parere che ho già espresso giorni fa, tra la “padella” (Hillary Clinton) e la “brace” (Donald Trump). Ma sono abituato, gentile e caro amico, ad ascoltare le voci solo quando sono minimamente attendibili… e questo non è il caso. Sempre a mio parere, che un candidato repubblicano alle primarie evochi la sospensione delle presidenziali Usa e, a suon di legge marziale, della democrazia nel Paese delle libertà dimostra solo fino a che punto si sta ammalando la politica e di quanto ammorbato, immiserito e impazzito sia il dibattito politico anche al di là dell’Atlantico. Considero parte di questo deludente processo le derive dinastiche delle candidature presidenziali a stelle e strisce (la signora Clinton è l’ultimo esempio), ma pure – e potentemente – il fenomeno Trump: un miliardario travestito da “Masaniello Wasp” – l’acronimo sta per white (bianco) anglosassone, protestante – che promette sia di “rivoluzionare” i palazzi dell’amministrazione Usa sia di “picchiare” i più deboli (cioè di far piazza pulita dei latinos, gli immigrati dall’America centromeridionale, in larga parte irregolari e sfruttati, in prevalenza meticci e cattolici). Abbiamo già scritto che, se dovesse essere eletto, valuteremo anche lui dai fatti, così come (spesso controcorrente) abbiamo valutato scelte e non-scelte di Barack Obama. E così sarà. Ma ammetto di non riuscire a pensare un leader con il suo profilo e le sue intenzioni come un “liberatore”... Mi sento solo di aggiungere che dobbiamo confidare nella capacità di tenuta e di rigenerazione della grande democrazia nordamericana e tenerci cara la nostra, più giovane ma altrettanto preziosa. Le democrazie non sono un metodo infallibile, ma possono essere (e devono esserlo sempre più) il civile “strumento” di una civiltà dell’accoglienza e della cura della vita che non discrimina, non esclude e non lascia indietro nessuno.