Opinioni

Siccità. La grande sete che incombe e un nodo indicato da Pratesi

Ferdinando Camon giovedì 30 giugno 2022
La siccità, la grande sete che incombe e un nodo indicato da Pratesi Le risorse naturali scarseggiano, consumiamo acqua, aria terra a un ritmo tale che non riusciamo a custodirle e a riprodurle. Il mondo s’impoverisce e, di questo passo, un po’ alla volta diventerà invivibile. Data la calura afosa dell’estate che stiamo attraversando, l’elemento vitale che consumiamo di più è l’acqua, perciò alcuni studiosi della società e del costume cominciano a indicarci i cambiamenti delle nostre abitudini e dello stile di vita che dovremo adottare, e più presto lo facciamo meglio è. Ma non è facile convincere la gente. Fra questi consiglieri sociali ce n’è uno che seguo da tempo, ed è il fondatore presidente onorario del Wwf, Fulco Pratesi. Sono anni che Pratesi insiste nell’ammonirci che sprechiamo troppa acqua, e una parte di questo spreco si verifica proprio nelle nostre case, ripetutamente, dalla mattina alla sera, ed è l’acqua che se ne va ogni volta che tiriamo lo sciacquone. Il presidente del Wwf si domanda: 'È proprio necessario tirar l’acqua dopo aver fatto la pipì?', e risponde di no. Lui personalmente non la tira più, e dice che vive benissimo. Ho pensato di rilanciare la sua idea dal mio Facebook, e vedere che risposte m’arrivano. Se i miei lettori concordano, insisto; se si scandalizzano, m’arrendo. Ebbene, dovrei arrendermi, la battaglia l’ho appena cominciata ma sembra già perduta. Non m’han risposto in molti, è una battaglia che non sentono. Il primo a rispondere però m’ha lanciato un drastico 'onto', che in Veneto significa 'lercio'. Definizione avventata e insostenibile, se vogliamo, però lui la usa. Una lettrice osserva: «Dipende da chi è tua moglie, con me o te ne vai tu o me ne vado io». Dunque il metodo Pratesi, chiamiamolo così (per scherzo, naturalmente), può essere causa di divorzio? Allora tiriamo l’acqua. Un lettore osserva che la toilette che si usava nella civiltà contadina non aveva l’acqua, però si affretta a commentare: «Nessuna nostalgia, naturalmente ». Un lettore che cito per intero fa un discorso lungo ed esauriente, osservando che «dopotutto in un passato non remoto la doccia non se la facevano proprio e bisognava viaggiare con fazzoletti intrisi di profumi sui treni». Eran tempi di contagi e malattie? No, «il colera non scoppiava per questo». E dunque? «E dunque, possiamo ascoltare Pratesi, perché no?». C’è una lettrice, Elisabetta Bellato, che abbraccia la tesi del no-sciacquone: «L’emergenza idrica è ormai un fatto e c’è bisogno di un cambio profondo di abitudini con assunzione di responsabilità diretta sulle nostre azioni. A tutti quelli che han commentato con inopportuna ironia, consiglio di leggere la stampa di questi giorni a proposito, per esempio, della situazione disperata dei corsi d’acqua». È la prova regina: una volta i nostri fiumi facevano paura per le onde e i vortici che sollevavano fino a svellere i ponti, adesso fanno pena perché mostrano i letti pietrosi e aridi, dan l’idea della morte. Acqua non ce n’è più. Il Comune di Milano spegne 50 fontane su 100. Allora, perché lavare l’auto in garage? Perché irrigare prati e giardini privati? Perché lavare terrazzi e cortili? E arriviamo alla domanda audace: perché tirare l’acqua, dopo una semplice pipì? © RIPRODUZIONE RISERVATA