Opinioni

La bussola. La crisi che nessuno vuole

Eugenio Fatigante mercoledì 11 settembre 2013
Eccoci precipitati in uno di quei paradossi di cui la politica italiana è campione. Sotto la minaccia di una crisi di governo che molti, almeno a parole, sembrano volere - a destra come a sinistra - ma che (per ora) nessuno ha il coraggio di provocare. La seconda giornata dei lavori della Giunta del Senato innesca così uno di quei corti circuiti sempre più ostici da comprendere per il popolo-elettore.La mattina segnata da presagi fortemente negativi si scolora pian piano in una nuova mediazione, l’ennesima. Enrico Letta incassa un altro parziale successo della sua faticosa (e meritoria) azione. Se di successo si può parlare in un quadro in cui l’obiettivo generale sembra quello di "prendere tempo", senza però che nessuno degli schieramenti abbia una chiara visione della strategia per il proprio futuro e - quel che è peggio - per quello del Paese. Sono sempre più due trincee quelle in cui si dibattono le parti in causa - Pdl e Pd -, che trovano a volte un punto di contatto nelle stanze del governo, come dimostra l’incontro avuto ieri dal premier coi ministri del Pdl che ha "raddrizzato" il corso della giornata. Ma non è ancora tempo di sgombrare l’orizzonte dalle nuvole che vi si addensano. L’esecutivo appare in stand-by, come rivela l’intenzione - trapelata da Palazzo Chigi - di non mettere altra carne al fuoco in questo settembre, prima dell’intervento (eventuale) sull’aumento Iva, malgrado le tante emergenze che si affastellano.Ora, con un riavvicinamento al percorso "tradizionale" in Giunta, si intravede forse una decina di giorni di tregua. Il fantasma della crisi, però, continua ad aleggiare. Quaranta giorni (fino all’interdizione che sarà decisa dai giudici di Milano il 19 ottobre) sono tanti, decisamente troppi, per un Pd che si dibatte nelle convulsioni pre-congresso e che non pare avere la forza per reggere tutto questo tempo alle pressioni della sua base.Una certezza, in ogni caso, c’è. Se crisi sarà, Enrico Letta (sempre ispirato dal Colle) non accetterà di fare subito i bagagli: chiederà un passaggio parlamentare, per rendere chiare al Paese le responsabilità di ciascuno. E una nuova ipotesi temporale si profila, in prospettiva: una "crisi pilotata", innescata dal voto dell’aula sulla decadenza, solo ai primi di ottobre, quando ormai non si farebbe più in tempo a convocare elezioni per novembre. Per passare a un "Letta-bis" più o meno con gli stessi ministri, sempre con l’appoggio del Pdl, e con Silvio leader ma fuori dal Parlamento. In attesa di una grazia dal Quirinale. Domani, intanto, è un altro giorno...