Opinioni

Il direttore risponde. La Chiesa difende la vita. E i lavoratori

sabato 3 aprile 2010
Caro direttore,ho 70 anni, sono un operaio e ho sempre lavorato e fatto il mio dovere fin da ragazzino. Da quando sono entrato nel mondo del lavoro ho sempre lottato per avere diritti ma anche doveri contro le disuguaglianze e lo sfruttamento. Sono cattolico praticante e ho sempre creduto nella religione e nella Chiesa cattolica; non sono un lettore di giornali ma guardo i telegiornali della Rai. In questo momento si parla con insistenza della pillola Ru486, con la quale le donne possono interrompere la gravidanza. Il Santo Padre dice bene al riguardo, anche io sono contrario all’aborto perché ho sempre pensato che la maternità è un dono di Dio. Ma il dubbio che mi attanaglia in questi giorni è che non si denunci con toni abbastanza forti lo sfruttamento del lavoro e la sopraffazione sui più deboli. In questi giorni si vuole modificare e aggiornare l’articolo 18, che secondo me dovrebbe essere la maggiore tutela per i lavoratori. Il mio pensiero è che il Papa e tutta la Chiesa non facciano sentire la loro voce fortemente contraria allo sfruttamento del lavoro e a coloro che lo praticano.

Mario Frati

Vorrei fugare il suo dubbio con le sue stesse parole. Perché nello scrivere questa lettera lei, caro signor Frati, ha inconsapevolmente ripercorso, per sommi capi, proprio i concetti che il Papa ha scritto nella sua ultima enciclica. Nella Caritas in veritate, infatti, Benedetto XVI ha sviluppato coerentemente i temi della difesa della vita, della crescita demografica, fino ai rischi della tecnoscienza e, appunto, di un’economia disumanizzante. Se infatti si parte dal prioritario riconoscimento del valore assoluto della vita, della dignità dell’uomo che va posta al di sopra di tutto, anche dei fattori economici, non si può poi non avvertire come essenziale anche la tutela dei lavoratori. In particolare di quelli più deboli, denunciarne le condizioni di sfruttamento, ove queste si verifichino, chiedere a gran voce che l’attività imprenditoriale sia sempre rispettosa della dignità delle persone e responsabile nelle scelte che le competono. Nel sottolinearlo, il Papa ha usato nell’enciclica parole molto chiare: «Nella considerazione dei problemi dello sviluppo, non si può non mettere in evidenza il nesso diretto tra povertà e disoccupazione. I poveri in molti casi sono il risultato della violazione della dignità del lavoro umano, sia perché ne vengono limitate le possibilità (disoccupazione, sotto-occupazione), sia perché vengono svalutati i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia». Nelle scorse settimane, poi, Benedetto XVI è intervenuto direttamente, durante l’Angelus domenicale, per sollecitare la tutela dei lavoratori della Fiat di Termini Imerese e dell’Alcoa di Portovesme a rischio di licenziamento. E così pure, appena qualche giorno fa, il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, ha dedicato un capitolo della sua prolusione a un accorato appello per quanti vedono in pericolo il proprio posto di lavoro. Senza "anatemi", ma senza venir meno alla denuncia dei problemi. Senza entrare nello specifico degli strumenti concreti, come l’articolo 18 o altre leggi, la cui regolazione spetta alla politica e alle parti sociali. Ma non stancandosi mai di indicare i principi ispiratori di un autentico sviluppo integrale dell’uomo. Come vede, caro amico, il tema del lavoro è ben presente nel pensiero della Chiesa e la Dottrina sociale cattolica testimonia che non c’è – né potrebbe esserci – contraddizione tra l’insistenza per la salvaguardia della vita nascente e la difesa della dignità dei lavoratori.