Opinioni

Il bilancio della visita del Papa in Germania. Non è tempo per i tiepidi. La Chiesa chiede una fede rinnovata

Luigi Geninazzi martedì 27 settembre 2011

Così vicino e così lontano. Durante la sua visita in Germania Benedetto XVI ha posto la questione di Dio al centro delle questioni che tormentano l’uomo, parlando alla mente e al cuore di ogni persona di buona volontà. Non a caso ha voluto ricordare ai suoi connazionali la frase di un grande pensatore cattolico tedesco, Romano Guardini: «Solo chi conosce Dio conosce l’uomo». In questo modo Papa Ratzinger si è fatto straordinariamente vicino alla gente, ai tanti che sono accorsi per vederlo e per ascoltarlo. Ha però evitato di scendere sul terreno equivoco e scivoloso dove lo attendevano i suoi avversari, dentro e fuori la Chiesa, pronti a soppesare col bilancino della saccenza e del pregiudizio le risposte che obbligatoriamente dovevano essere loro date. Benedetto XVI è apparso più che mai lontano da questo tipo di preoccupazioni, lontano dagli stereotipi caricaturali del pastore arcigno e ultra-conservatore atteso alla prova del fuoco.

Fin dal primo giorno il Papa ha spiazzato i critici di casa sua, costretti a riconoscere nel discorso pronunciato al Bundestag di Berlino un capolavoro di saggezza umana e cristiana. Ha sorpreso i protestanti ad Erfurt con l’elogio della figura di Lutero, il monaco che cercava il Dio misericordioso. E alla fine, nella cattolica Friburgo, ha creato sconcerto perfino tra i suoi, dicendo di preferire l’intelligenza afflitta dal dubbio dei non credenti rispetto alla povertà spirituale dei «fedeli di routine che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato». Parlando ai giovani, riuniti in una suggestiva veglia di preghiera sabato sera, ha fatto notare che «il danno per la Chiesa non viene dai suoi avversari, ma dai cristiani tiepidi». Una riflessione proseguita nell’omelia della messa di domenica e culminata nel discorso alla Konzerthaus dove si è rivolto ai laici impegnati nelle diverse associazioni e attività.

Ancora una volta è la questione di Dio che il Papa-teologo rimette al centro. Coloro che pensano di rilanciare il messaggio cristiano affidandosi a nuove tecniche dimenticano che «la Chiesa si apre al mondo non per ottenere l’adesione degli uomini per un’istituzione con le proprie pretese di potere, bensì per farli rientrare in se stessi», cioè, come diceva Sant’Agostino, per condurli a scoprire che «Dio è più intimo a me di me stesso». Attenzione, Benedetto XVI ha parole di profonda gratitudine per «i collaboratori, impiegati e volontari, senza i quali la vita delle parrocchie sarebbe impensabile». Ma li richiama a non fermarsi alla competenza professionale e avere un cuore aperto che si lasci toccare dall’amore di Cristo. Nella storia della Chiesa c’è la tendenza ad adattarsi ai criteri del mondo, denuncia il Papa che giunge perfino ad elogiare i processi di secolarizzazione in quanto l’hanno «liberata dal suo fardello materiale e politico».

Parole che hanno un senso tutto speciale in quanto vengono pronunciate nel Paese dove la Chiesa è un’organizzazione ricca e potente. Il Papa mite si rivolge ai cattolici della sua terra con giudizi netti e con grande franchezza. «Nella Chiesa tedesca c’è un’eccedenza delle strutture rispetto allo Spirito», ammonisce. Quel che propone Papa Ratzinger è una sorta di «Kulturkampf» a rovescio, un nuovo e possente slancio culturale e spirituale che veda protagonista il Paese più importante della vecchia Europa. Una battaglia culturale e spirituale che può rinnovare la Chiesa «soltanto attraverso una fede rinnovata». Non c’è spazio per i tiepidi, non è tempo di routine, è il messaggio che Benedetto XVI ha consegnato alla sua Germania. Ma vale per tutti, anche per noi.