Opinioni

Al voto. La campagna elettorale sui social: chi paga e chi imbroglia

Gigio Rancilio giovedì 23 maggio 2019

Su Twitter numeri gonfiati fino al 60% per i leader. Su Facebook funzionano i messaggi a pagamento Tutti i media rilanciano le piattaforme Web facendo da cassa di risonanza. La Lega è l’unica a ricorrere ai contenuti virali

I grandi numeri arrivano ancora dalla tv, la credibilità dalla stampa ma è indubbio che una larga fetta della propaganda politica passi dai social network. Tanto più che ormai quando un dibattito o una polemica arriva sugli altri media è perché spesso nelle ore precedenti si è sviluppata su Facebook o Twitter. Partiamo da quest’ultimo. Il social dei post brevi, massimo 280 caratteri. Quello dove si svolgono gli scontri più diretti tra politici e tra sostenitori dei vari partiti. A leggere l’ultimo studio di DataMediaHub per «Il Sole 24 ore» si scopre che più della metà dei follower dei politici è «fake». Cioè, falsa. O sono completamente finti oppure non sono attivi da almeno sei mesi, quindi di fatto sono da considerare inesistenti. In vetta alla classifica in negativo c’è Nicola Zingaretti, che è seguito da 421mila utenti, ma il 66,8% di questi risulta «fake». Dopo viene Giorgia Meloni, con il 66,6% di follower finti. Come sottolinea lo studio, «il dato più “pesante” è quello di Matteo Salvini che ha più di un milione di follower, ma il 62,6% è finto». Non solo: «il 41% degli account sospetti che seguono Salvini è stato aperto negli ultimi tre mesi, in vista della campagna elettorale». Non va meglio a Luigi Di Maio, che ha il 61,8% di «fake follower». Uno dei politici messo meno peggio è – secondo lo studio – Silvio Berlusconi che ha 'solo' il 42,5% di follower «finti».

Se la campagna elettorale sui social fosse una corsa in bicicletta, a questo punto verrebbe voglia di usare il motto di Gino Bartali: «L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare! ». Ma la verità è più complessa. Perché aldilà del numero pure elevato di follower finti dei leader politici, la comunicazione e la propaganda politica via Twitter funzionano. Eccome. Soprattutto grazie alla complicità degli altri mass media, i quali ogni giorno rilanciano sui loro siti web, sui loro profili e pagine social, in tv, alla radio e sulle loro pagine cartacee le polemiche apparse in Rete, creando un’onda tale da farle diventare decisamente importanti.
E veniamo a Facebook. Le elezioni americane del 2016 ci hanno fatto scoprire che si possono orientare politicamente gli indecisi pubblicando sui social «fake news», cioè notizie false create ad arte. E ci ha svelato che la parte politica che sa usare al meglio le tecniche digitali ha più chance dei rivali di vincere. Proprio per contrastare l’inquinamento delle varie campagne elettorali su Facebook, il social di Zuckerberg da qualche mese ha aperto una sezione che a dispetto del nome un po’ freddo, «Libreria delle inserzioni», contiene informazioni di grande valore. Per esempio, si trovano tutti i dati «per tutte le inserzioni pubblicitarie relative a contenuti di natura politica o temi di interesse nazionale, di ogni Paese del mondo».

Per l’Italia i dati sono disponibili da poco. Leggendoli si scopre che, negli ultimi trenta giorni, nel nostro Paese sono state create 19.566 inserzioni di contenuto "politico", per un totale importo di 1 milione 108mila 460 euro. A spendere di più al momento è il Parlamento Europeo che tra marzo e il 19 maggio 2019 ha investito su Facebook 256.230 euro in 40 diverse campagne pubblicitarie. Solo negli ultimi 7 giorni disponibili nel report, cioè dal 13 al 19 maggio, ha speso ben 53.039 euro.
Tra i partiti, il più «spendaccione» è la Lega, la cui campagna è tutta orientata su Matteo Salvini. Attraverso la pagina di supporto «Lega - Salvini Premier» ha attivato 43 campagne per 90.713 euro. Attraverso la pagina «Matteo Salvini» ha speso altri 92.313 euro. Solo negli ultimi sette giorni 37.118 euro. Lo staff di Salvini promuove a pagamento diversi post al giorno, usando tutte le tecniche possibili: da un video del leader accanto a un cane per annunciare aiuti ai 4 zampe (amatissimi dai frequentatori di Facebook) fino a notizie di reati commessi da extracomunitari (per dimostrare che sono pericolosi) fino a filmati dove «il capitano» viene contestato.
Una tecnica, quest’ultima, che funziona molto bene sui social e che compatta i fan attorno al leader (per la serie: poverino, ce l’hanno tutti con lui perché è bravo e quindi lo temono).
Intanto Matteo Salvini nei suoi post semina baci e sorrisi a tutti i suoi detrattori «invidiosi», sottolineando così la sua superiorità agli occhi degli elettori. Per arrivare anche alle persone meno istruite, la comunicazione salviniana usa anche le cosiddette «cartoline», quelle immagini grandi che appaiono su Facebook accompagnate da frasi slogan scritte in grande. In questo caso da frasi tipo: «Lo sai perché Salvini ha tutti contro? Perché ha fermato la mangiatoia dell’immigrazione». Il messaggio è ovvio: lui non sbaglia e non ha torto e chi lo critica è solo perché faceva parte della «mangiatoia».


Gli alleati e rivali del Movimento 5 Stelle invece non appaiono detentori di campagne su Facebook. Il Partito Democratico risulta invece avere speso su Facebook 88.475 euro. Solo negli ultimi 7 giorni (13-19 maggio 2019) ha investito 26.275 euro. Lo stile comunicativo è molto diverso da quello usato da Salvini. Come ha ben sottolineato Alberto Puliafito di Slow News, «quella del Pd sui social sembra la pubblicità di un’azienda». Ci sono belle immagini, spesso con in primo piano la faccia sorridente di Luca Zingaretti e slogan tipo: «Vogliamo investimenti e sviluppo, non recessione»; «Investiamo nella scuola non nella paura». Su Facebook invece Silvio Berlusconi ha speso 70.826 euro in campagne pubblicitarie, mentre Fratelli d’Italia ha investito 22.838 euro dalla sua pagina ufficiale e 18.159 da quella del suo leader Giorgia Meloni. Per inciso, dopo la lega la comunicazione social di Fratelli d’Italia è quella che appare più efficace. A questo punto manca un dato importante: quante persone può raggiungere un politico con una campagna da 'soli' 20mila euro? Dalla nostra simulazione su Facebook, nel peggiore dei casi, in una settimana arriverà a 2,5 milioni di persone al giorno. Cioè, 17 milioni e 500 persone a settimana. Ultimo dato. Ognuno dei post politici in oggetto, se realizzato con le giuste 'furbizie' (per capirci, come quelle che usa il team di Salvini), viene condiviso dagli elettori-fan e in questo modo raggiunge molte più persone senza il bisogno di investire altri soldi.

La campagna elettorale nei social usa anche altri mezzi.
Uno di quelli più amati dai giovani è l’uso dei «meme»
. Cosa sono? Un meme digitale – come spiega il vocabolario Treccani – «è un contenuto virale in grado di monopolizzare l’attenzione degli utenti sul web». Sono «meme», per esempio, quelle immagini animate (come microfilmati di pochissimi secondi) che contengono una frase, un’espressione o uno slogan che dicono più di mille discorsi. Ebbene: Salvini è l’unico leader italiano che li usa. Di più: è l’unico leader politico italiano che ha creato (col suo team) un canale specifico dove gli elettori-fan possono trovare dei «meme» preconfezionati da seminare nei commenti social, così da aiutare il leader della Lega a fare altra campagna elettorale, stavolta a costo zero.


Notizie spazzatura: l'Italia non è messa bene. Al primo posto tra gli spacciatori di notizie manipolate c'è Primato nazionale
In questa campagna elettorale per le elezioni europee, le «notizie spazzatura» su Twitter sono circa il 4%, mentre su Facebook ne vengono postate e commentate di più, pur rimanendo su percentuali contenute (il 6%). Lo rivela uno studio dei ricercatori dell’Oxford Internet Institute (OII) che ha preso in esame i social di 7 Paesi nel periodo 5 aprile – 5 maggio. Se la Nazione con il più alto numero di notizie spazzatura è la Polonia (valgono il 21% su una media europea del 3,6%), l’Italia non è messa benissimo. Con l’8,7% di contenuti politici spazzatura diffusi durante questa campagna elettorale (oltre il quintuplo rispetto all’Inghilterra e la Spagna e il doppio della Francia) siamo il secondo peggior Paese tra quelli presi in esame. Siamo però i primi (con il 29,1%) come produttori di notizie professionali sull’Europa. Altro dato positivo: le «notizie professionali» sono condivise più del doppio di quelle spazzatura. Lo studio evidenzia anche che le «notizie spazzatura» che hanno ottenuto più successo sui social riguardano temi populisti come l’odio per gli immigrati.
Analizzando le «notizie spazzatura» su Facebook, lo studio punta il dito anche contro i siti che ne hanno create di più. E per l’Italia ne segnala ben 299 diffuse dal sito del quotidiano neofascista di Casa Pound, «Il primato nazionale». Un altro dato evidenziato è particolarmente interessante. A parte Polonia e Spagna, in tutti gli altri Paesi presi in esame risultano contenuti spazzatura di provenienza russa. La maggior parte dei quali pubblicati sui social in Inghilterra e Francia.