Opinioni

La bella Polonia che accoglie profughi e «casi deplorevoli» mai più da vedere

Marco Tarquinio mercoledì 9 marzo 2022

Un diplomatico polacco protesta per nostri articoli ben documentati a proposito di discriminazioni segnalate anche dall’Oim su richiedenti asilo dalla pelle scura che erano residenti ma non cittadini in Ucraina. E anche contro la campagna Lanterne Verdi. Ma affida al web parole ancora più pesanti. Con noi, per lettera, fa però un distinguo: se ci sono stati casi, non vanno addebitati alle autorità polacche. Speriamo allora che i colpevoli siano stati richiamati

Signor Direttore,

nei mesi scorsi siamo stati sottoposti all’incessante e ingiusta campagna da parte di “Avvenire” denominata “Lanterne Verdi” nel corso della quale il governo polacco veniva accusato di insensibilità e di atteggiamenti che contrastano con i valori cristiani per aver rifiutato di accogliere i migranti spinti con l’inganno e la forza sulla frontiera polacca dal presidente bielorusso Lukashenko. Ora si scopre che la Polonia è, come sempre nella sua storia, il cuore solidale del Vecchio Continente. Fa piacere che “Avvenire” stia informando i suoi lettori dell’accoglienza da parte della Polonia di profughi, soprattutto ucraini, ma anche provenienti da tutte le parti del mondo, arrivati negli ultimi giorni dai valichi di frontiera con l’Ucraina. È invece inaccettabile che vengano pubblicate menzogne circa presunte difficoltà che avrebbero riscontrato i profughi originari non dell’Europa dell’Est nell’attraversare il confine polacco. In uno degli articoli pubblicati da “Avvenire” il 2 marzo 2022 si poteva leggere che le guardie di frontiera polacche avrebbero intimato a cittadini di colore, nigeriani e marocchini, di scendere dagli autobus, che li portavano verso la Ue, addirittura puntando contro chi fuggiva i fucili. Smen- tiamo categoricamente queste notizie: da parte polacca non vi è stato nessun trattamento diverso per i cittadini non ucraini, che sono stati e vengono accolti nello stesso modo dalle autorità di frontiera polacche come tutti gli altri che fuggono dalla guerra in Ucraina. Se si sono verificati deplorevoli episodi di razzismo, non sono certo da addebitare alle autorità polacche. Durante l’Udienza Generale del 2 marzo scorso, il Santo Padre Francesco si è rivolto cordialmente ai polacchi, dicendo. «Voi, per primi, avete sostenuto l’Ucraina, aprendo i vostri confini, i vostri cuori e le porte delle vostre case agli ucraini che scappano dalla guerra. State offrendo generosamente a loro tutto il necessario perché possano vivere dignitosamente, nonostante la drammaticità del momento. Vi sono profondamente grato e vi benedico di cuore!». Le parole di apprezzamento del Papa sono per noi preziose perché ci incoraggiano a compiere maggiori sacrifici, a fare ancora di più. Sono fiducioso che le fake news, che tanto fanno comodo a chi ha scatenato questa orribile guerra, non trovino più spazio su “Avvenire”.

Janusz Kotanski Ambasciatore di Polonia presso la Santa Sede


Signor Ambasciatore, in questi giorni di guerra contro l’Ucraina e contro l’umanità avrei fatto volentieri a meno di replicare a una protesta infondata e offensiva come la sua. Solo l’affetto che ho per il popolo polacco e la gratitudine per quanto la Polonia sta facendo in queste ore drammatiche mi ha spinto a leggerla tutta e a dedicare tempo a ridurre il suo testo, pur rispettandone l’impianto e togliendo deliberatamente solo alcune espressioni sgradevoli che richiederebbero ben altra replica da parte mia. Ma sono un uomo di pace e non lo faccio. Mi risolvo a risponderle pubblicamente, soltanto perché lei pubblicamente ha attaccato o fatto attaccare via web – proprio come i maestri della nuova dezinformatzija russa – il nostro lavoro. Negli articoli (due, non uno) sulla questione delle denunciate discriminazioni in Polonia su persone dalla pelle scura, pubblicati il 2 e 3 marzo 2022, abbiamo dato conto sia delle segnalazioni di questi atti sia delle repliche da parte delle autorità polacche, compreso un intervento del premier Mateusz Morawiecky. Ci siamo basati su dichiarazioni pubbliche di vittime degli atti, di suoi colleghi diplomatici di altri Paesi, di nostri colleghi giornalisti presenti in zona e testimoni dei fatti e sulla documentazione anche video (quella relativa ai fucili puntati) resa pubblica da una funzionaria dell’Oms. Nessuna di queste persone è di nazionalità russa. Abbiamo anche dato conto di una esplicita nota del direttore generale dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), AntónioVitorino (neanche lui, come si sa, russo), che ha parlato con «allarme » di «notizie verificate e credibili di discriminazioni, violenza e xenofobia» e ha definito «inaccettabili» e fonte di «ulteriori rischi e sofferenze» le situazioni in cui si sono trovate alcune delle persone in fuga dall’Ucraina in guerra. Questi sono fatti, signor Ambasciatore. Così come lo è la frase in cui, sia pure in forma lessicale ipotetica, lei ammette che qualcosa di «deplorevole » potrebbe essere successo: «Se si sono verificati deplorevoli episodi di razzismo, non sono certo da addebitare alle autorità polacche». Ne prendo atto: non ci sarebbe stato un ordine delle autorità, ma l’iniziativa di qualcun altro. Sé è andata così, spero che si tratti di funzionari o uomini in armi che sono stati richiamati e sanzionati. La sua cauta ammissione, sia chiaro, non aggiunge nulla al quadro che già conoscevamo. Allo stesso modo, i casi denunciati dall’Oim (non da Mosca) non tolgono nulla – sia chiaro – alla fraterna prima accoglienza che l’amato popolo polacco sta riservando a una grande moltitudine di profughi dall’Ucraina. Una prova di solidarietà che continuiamo a raccontare da giorni e con ampiezza e per la quale il Papa ha avuto le calde parole che lei cita. A questo punto, però, per completezza di informazione, devo aggiungere che la Polonia è tra i Paesi (il cosiddetto “gruppo di Visegrad” e l’Austria) che hanno preteso una correzione delle finalmente civili regole sull’accoglienza solidale in tutti i Paesi Ue dei profughi che hanno fatto il loro primo ingresso in uno dei Paesi confinanti con l’Ucraina, regole che in precedenza e a tutt’oggi il suo Governo mai ha voluto condividere e adottare nel caso in cui il primo ingresso nella Ue di richiedenti asilo avvenga in Italia o negli altri Paesi dell’Europa mediterranea. Questa correzione peggiorativa, che anche il suo Paese ha voluto, prevede un possibile trattamento diverso per i cittadini ucraini rispetto ai residenti in Ucraina di altre nazionalità. E anche questo è un fatto. Triste. Perché crea le premesse di una possibile discriminazione: tutti sono profughi dalla guerra, ma non tutti i profughi dalla guerra sono uguali. Un’ultima nota. La nostra campagna “Lanterne verdi” è partita dai gesti di cristiana e civile solidarietà di cittadini del suo grande Paese, polacchi generosi anche con i profughi dalVicino Oriente provenienti dalla Bielorussia. Il Governo che lei rappresenta è arrivato invece a definire questi essere umani “armi” o “strumenti” nella “guerra ibrida” condotta dal presidente Lukashenko (e dal leader russo Putin) contro la Ue. E li ha respinti duramente. È un fatto il cinismo del governo di Minsk. È un fatto l’atteggiamento repulsivo del governo di Varsavia. Tuttavia, lei dovrebbe sapere, anche se scrive il contrario, che la Polonia non è stata indicata su “Avvenire” come l’unica responsabile della «corona di spine» che cinge l’Europa, tutt’altro. Abbiano citato, tra gli altri, anche i governi che si sono alternati nel nostro Paese, nel quale conduciamo da anni una campagna informativa per un’accoglienza sempre umana e onesta delle persone richiedenti asilo e, comunque, migranti. In conclusione: posso anche capire, signor Ambasciatore, che lei faccia fatica ad accettare un’informazione documentata e libera, ma il nostro giornalismo è proprio così: rispettoso delle persone e dei fatti e responsabilmente libero. Sempre dalla parte dei più deboli. In Italia, grazie a Dio, alla nostra Costituzione e al nostro editore, si può fare. Quanto alle «fake news», le lasciamo agli scriteriati che – stavolta usando proprio certi slogan avventati da lei diffusi – hanno deformato e mistificato il nostro lavoro, definito da lei e da loro, «propaganda antipolacca del Cremlino» e «falsificazione ostinata della realtà». Si chiama disinformazione e diffamazione. E chi la fa ne porta il peso morale.