Opinioni

In dialogo con Tarquinio. L’odio, le altre «male piante» e le ferite da curare

Marco Tarquinio domenica 24 settembre 2023

Caro Marco Tarquinio, c'è una vittoria latente dell'aggressore, che agisce sottotraccia, ma va in profondità; come un veleno, un contagio. È quella dell'odio. È più pericolosa della conquista dei territori. Conquista le anime, ossessiona le menti. Il nemico è dentro. Non ci sono scorciatoie, se non si ritrova la pace interiore non ci si libera veramente. Chi odia è alleato di chi odia, non lo ostacola bensì lo sprona. Chi si mette in mezzo è nemico. Proprio così: l'odio distorce la realtà e fa apparire nemico chi prova a liberare dall'odio.
Giovanni Domenico Quadrio

Caro Tarquinio, il dibattito su alcune tesi del libro del generale Roberto Vannacci “Il mondo al contrario” (pochi l’avevano letto, dopo le polemiche è diventato un best seller) riportano alle storiche battaglie tra cattolici e socialisti d’inizio Novecento e alla querelle sul «modernismo». Andarono avanti per decenni, le ragioni probabilmente divise equamente a metà, sino al Concilio Vaticano II, quando, grazie a un grande e illuminato pontefice, Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli), la Chiesa si aprì senza paura al mondo esterno. Da Pio IX, passando per san Pio X (con l’enciclica Pascendi del 1907 condannò il modernismo), a papa Roncalli e quindi al suo successore Paolo VI, che portò a compimento l’imponente assise, tanta acqua è passata sotto i ponti. Lo dico per tutti, in particolare per la destra e per lo stesso generale: sono battaglie perse. Chi non ha in famiglia, un figlio, un fratello, un amico (figlia, sorella, amica) che non sia omosessuale? E per famiglia voglio comprendere anche le grandi «famiglie» militari ed ecclesiastiche. Anche tra chi veste la divisa militare e nella Chiesa non ci sono forse persone attratte dallo stesso sesso? Chi siamo poi, noi, per giudicare le persone per i loro sentimenti? Mi viene da riprendere una citazione, del tutto evangelica, di papa Francesco che ripete il «nolite iudicare» di Cristo e apre le braccia anche alle persone omosessuali che cercano Dio. E lo ha detto lui, che – non dimentichiamolo – è un amabile “conservatore” per quanto attiene il significato della famiglia “tradizionale”...
Stefano Masino

Caro Tarquinio, quando le istituzioni non si governano, ma si occupano per comandare, esercitare il potere per il potere, può accadere, come è accaduto nel cuore della scorsa estate forse per colpa del troppo sole, che un sacerdote ( Don Luigi Ciotti) voce di pace e di confronto, da una vita in lotta contro le mafie (e per questo sotto scorta), dopo aver dichiarato che «c’è il rischio – e allora si dovrà lottare – che il Ponte sullo stretto non unirà due coste, ma due cosche sicuramente sì», venga invitato a vergognarsi e a espatriare da un ministro (Matteo Salvini) incredibilmente spesso sguaiato e grossier. L’autoritarismo oggi nel nostro Paese? Il fascismo del 2000? A mio parere, non ci vuole tanto a scorgerlo: il campionario di esempi è rilevante, se solo si mettono insieme la reprimenda di Salvini contro don Ciotti, le offese ai poveri della ministra Santanché (donna “che sgobba” e regina tra le imprenditrici che, però, a quanto pare, inanella fallimenti ed è accusata di sfruttare contra legem i dipendenti), le cicliche intemerate di altri esimi ministri ed esponenti del partito e della maggioranza di Giorgia Meloni, l’epurazione senza motivazioni dello scrittore Roberto Saviano dalla Rai. È difficile dirsi che non c’è da inquietarsi.
Mimmo Mastrangelo


Odio, arroganza, invettive, pregiudizi, manipolazioni, sopraffazioni, emarginazioni ed esclusioni... Conosciamo sin troppo bene, cari amici lettori, le «male piante» che infestano il giardino del mondo e intossicano sia le vite di chi le coltiva o le tollera sia le vicende di quanti – concittadini o stranieri, sconosciuti o arcinoti – sono da esse assediati e insidiati. Sappiamo anche che uno dei ritornelli di questi anni è stato (ed è) che un concime ideale per quelle odiose «male piante» sarebbero i pensieri forti e lunghi, le visioni salde, le appartenenze consapevoli e anche appassionate, le fedi profonde. È una grande bugia. Le «male piante» si diffondono indisturbate quando, idealmente e moralmente, ci si chiude in casa o in un proprio piccolo circolo e da lì si spia e si giudica con sospetto e disprezzo la vita degli altri e i tanti versi del mondo degli uomini e delle donne. Quando si svuotano di contenuto il principio di solidarietà e il senso di comunità e si stringe sempre di più quel cerchio esclusivo e le «male piante» arrivano a occupare tutto ciò che i nostri occhi riescono a scorgere e i nostri pensieri a concepire. Anni di cronaca e di ascolto della realtà e di persone sagge, assieme a qualche buona lettura, mi hanno portato a concludere che si finisce in questo immenso vicolo cieco e triste non perché si hanno idee chiare e valori solidi, ma perché ci si sente “i” soli a essere buoni e giusti e così si finisce per essere sempre più soli e arrabbiati o scorati e comunque schierati, schierati contro. Pronti, in un modo o nell’altro, alla guerra con le parole, le azioni e... le omissioni. Omissioni di fraternità, di soccorso e di accoglienza, che non dovrebbero lasciarci in pace, in una piccola e finta e amara pace.

Come si è capito, rispondo di sì alla domanda se sia possibile avere idee chiare, nutrire un pensiero forte e una fede autentica e incarnata, astenendosi dal formulare giudizi precipitosi e senza misericordia e, soprattutto, compiendo anche la sacrosanta fatica del riconoscimento e dell’immedesimazione nell’altro e, per questa via, resistendo alla tentazione dell’odio e all’intossicazione di tutte le altre «male piante». Di più, penso che avere orizzonte e bussola sia una condizione per costruire comprensione e dialogo e in, termini cristiani, vita buona e salvezza. E penso anch’io che ogni uomo e ogni donna, quale che sia la sua condizione personale, meriti attenzione e rispetto in ciò che è e che ricerca nelle relazioni con gli altri e con Dio. È ciò che papa Francesco ci ricorda e ci dimostra con il suo limpido magistero di parole e gesti. Un messaggio diretto e mobilitante non soltanto per coloro che, da cattolici, provano a formare e ad ascoltare la loro coscienza, ma anche per tutti quelli che condividono le basi dell’umanesimo concreto e personalista che anima la nostra civiltà.

Per questo non mi convincono, mi preoccupano e spesso mi indispongono quegli “esternatori” che, soprattutto se esercitano un potere concreto, la forza delle idee la usano per dividere il mondo in un “noi” e “loro” senza scampo. La subitanea fortuna editorial-politica del generale Vannacci e delle sue provocatorie intemerate contro ambientalisti, stranieri e persone omosessuali allarma e fa riflettere, e per un po’ mi ha rafforzato nella convinzione che da chi veste la divisa bisogna aspettarsi e pretendere un senso del limite e del rispetto molto pronunciato (e grazie a Dio nel nostro Paese di buoni esempi ne abbiamo tanti, anche se non fanno notizia). Dai parlamentari e dai ministri delle Repubblica non ci si può aspettare di meno. Credo che l’Italia non sia più irreggimentabile da governi nemici della libertà e del pluralismo e che nessuno da noi coltivi simili progetti, ma è anche vero che proliferano le «male piante» e, dunque, non si può smettere di essere vigilanti e resistenti, anzi si deve esserlo di più. Credo pure che non si debba tacere e accettare al cospetto dell’inaccettabile. E allora dico chiaro che mi ha ferito e indignato sentir liquidare da Matteo Salvini in modo sprezzante ed “espulsivo” le sacrosante preoccupazioni espresse da don Luigi Ciotti sull’affare del Ponte sullo Stretto e, insieme, un po’ tutta la storia di questo prete coraggioso e buono, capace di una testimonianza che s’è fatta anche per tanti e tante scuola di eroismo civile e antimafia. A distanza di settimane la ferita è ancora aperta. Consiglio, per quel che vale, al ministro Salvini che in passato, ha prima duramente battagliato e poi rispettosamente dialogato pure con me di prendere sul serio e di curare la ferita che ha procurato, e di farlo alla prima occasione utile, con tutta l’umiltà e la verità necessarie.