Opinioni

Il direttore risponde. L'impegno per un giornale fuori dal coro

sabato 29 novembre 2008
Caro Direttore,ricevo da due settimane, a mo’ di prova, «Avvenire». Devo ringraziare la redazione perché finalmente posso leggere un quotidiano verace, non ciarliero e informatissimo. Mi piace compiacermi con tutti voi, che in tempi oscuri come l’attuale sentite il dovere di informare come una necessità assoluta. La democrazia pura e pulita agisce così. Il vostro quotidiano è un esempio per la stampa italiana: continuerò a leggerlo con piacere. L’ispirazione cattolica non mi disturba, anzi l’apprezzo con slancio. L’Italia ha bisogno di ricredersi nei valori della sua storia tanto bistrattata. La religione è la storia più bella dell’italica coscienza. La storia deve essere spiegata quale veramente è stata, non si può nascondere nulla. La storia è la vita della nazione: non può offuscarsi a seconda delle correnti politiche o dei piaceri personali. Voi seguite molto bene questa strada e i lettori, che sono tanti, fanno altrettanto. «Sursum corda»: la strada è lunga ma la riuscita è certa.

Vittorio Guido Cheni, Trieste

Espressioni di stima come le sue, caro Cheni, sono il miglior premio per la quotidiana fatica del nostro lavoro. Un lavoro che oggi è forse più difficile di quanto lo fosse in altri tempi. Per varie ragioni, che concernono lo scenario e il modo di fare giornalismo. Oggi la stampa – non solo italiana, perché le problematiche sono globali – versa in un momento di particolare difficoltà, in una crisi senza precedenti per gravità e complessità. La contrazione dei consumi e delle vendite, innescata dalla recessione, sta colpendo anche il nostro settore (risparmiando però «Avvenire», che anzi risulta in oggettiva crescita diffusionale). Ma non solo. Le imprese editrici vedono crollare i propri ricavi a fronte di un aumento sostanziale dei costi, causato dal rincaro delle materie prime, di cui anche noi soffriamo. A ciò s’aggiunga la nuova incertezza sui contributi di legge per sostenere i giornali di idee e il pluralismo dell’informazione nonché la concorrenza dei nuovi media, soprattutto l’informazione «on-line» (non sempre auto-prodotta...) che cattura aree cospicue di lettura, soprattutto nelle giovani generazioni. Questa congiuntura di ordine per così dire macroeconomico viene complicata però da una ben più difficile crisi che è culturale, di valori. In un’epoca nella quale la notizia sembra troppo spesso ridotta alla «cronaca dell’istante», al flash d’agenzia che in tempo reale, cioè in pochissimi secondi, viene lanciato in tutto il mondo grazie alla vettorialità dei mezzi di comunicazione di massa quali radio, tv, internet, diventa ovviamente più arduo modulare un proprio originale approccio ai fatti, fornire ai lettori una chiave di interpretazione non frettolosa, pacata, approfondita, affrancata da una certa omologazione. Impegnati nell’inseguire la «notizia del giorno», gli operatori della stampa rischiano di smarrire un’identità fondamentale del loro mestiere, che è il formare, oltre all’informare. Questo dovere di formare – che fra l’altro è nello spirito fondativo di «Avvenire» – noi cerchiamo di onorarlo quotidianamente, fra immaginabili difficoltà, magari rinunciando a qualche sedicente «scoop» in favore di un’analisi seria, e di uno scavo autonomo dei fatti, nel rispetto del patto coi lettori e – sempre – della verità. È una sfida dura ma elettrizzante. Per esserne all’altezza, ci sono indispensabili la presenza e il fiancheggiamento di amici attenti, esigenti ed entusiasti come lei. Sono i lettori il nostro autentico patrimonio.