Opinioni

Il direttore risponde. L'atavica tara di una burocrazia asfissiante

venerdì 7 novembre 2008
Caro Direttore,pensavo che nell’era del «tutto computerizzato» in caso di morte fosse sufficiente presentare gli idonei certificati in un pubblico ufficio, perché tutti gli altri uffici pubblici interessati ne fossero informati... e invece no! Nella Milano dell’Expo, per chiedere di sospendere i contributi destinati a mia mamma e per portare a termine le pratiche mortuarie (Inps, Asl, Regione, Comune, cimitero ecc.) ho dovuto recarmi in decine di uffici diversi, a orari diversi, a volte nello stesso stabile o corridoio, presentando ogni volta copia della medesima documentazione. Perché è vero che in ogni ufficio c’è il computer, ma i programmi non sono compatibili e non comunicano tra di loro: proprio all’insegna della massima efficienza, trasparenza e risparmio... Ma questo – vorrei dire al ministro Brunetta – non è imputabile ai singoli impiegati, bensì a un collaudato sistema che fa sì che la mano sinistra non sappia ciò che fa la destra, in modo che ogni settore sia un mondo a sé. Quindi perché meravigliarci se molte migliaia di defunti, in Italia, continuano a percepire pensioni, assegni di invalidità, beneficiando anche di prestazioni sanitarie? Per bloccare tali indebiti emolumenti, quando non più dovuti, nella moderna Milano, ci vogliono saldi principi, volontà, determinazione, tempo, salute e tanta pazienza. Dal cosiddetto Terzo Mondo, noi, abbiamo solo da imparare.

Lettera firmata

Appaiono davvero grottesche, caro lettore, le peripezie fra sportelli e scartoffie da lei sostenute in una Milano che sta progettando l’Expo 2015, ovvero nientemeno che l’evento mediatico e tecnologico del prossimo decennio. Uno spaccato di quella diffusa inefficienza da cui neppure la metropoli lombarda è immune, confermandosi in ciò provincia del grande regno italico della malaburocrazia. Sintomatico è il fatto che in Italia non si parli di «amministrazione» della cosa pubblica bensì di «amministrazioni». Un plurale rivelatore dell’improvvido frazionamento di quello che dovrebbe essere – soprattutto nell’epoca dei network informatici – un unico sistema di servizi al cittadino; un sistema caratterizzato da chiarezza, accessibilità, praticità, rapidità, univocità di linguaggio, economicità. La nostra farraginosa e ipertrofica macchina burocratica presenta invece, inevitabilmente, evidenti disfunzioni e anche smagliature delle quali approfittano, purtroppo, i soliti «furbi», come appunto coloro che séguitano – magari per anni – a usufruire di assegni di pensione e di invalidità intestati a familiari defunti, senza che gli uffici deputati siano in grado di accorgersi, in tempo reale, dell’imbroglio. Di episodi come questi sono costellate le cronache, soprattutto quelle del Mezzogiorno, dove l’«arte di arrangiarsi» resta per molti regola di vita quotidiana. Tutto ciò, in un periodo di ristrettezze di bilanci e di potatura delle prestazioni, finisce col danneggiare oltremodo di onesti e suona perciò ancor più immorale da parte di uno Stato che non sa farsi rispettare, perché esso per primo non rispetta il cittadino. Speriamo che il programma di semplificazione burocratica «Reti amiche», presentato proprio in questi giorni dal ministro Brunetta, diventi presto realtà, avviando finalmente quella riforma e quella modernizzazione di cui il Paese ha estrema urgenza e che tuttavia appare invisa a troppi per i quali ogni ventilato cambiamento è una minaccia da scongiurare con ogni mezzo.