Opinioni

Ombre potenti e figlio in sella. Inquietante stile Kabila per il Ciad del clan Déby

Giulio Albanese giovedì 22 aprile 2021

L’improvvisa morte del presidente ciadiano Idriss Déby è un episodio dai contorni misteriosi. Stando alle dichiarazioni del governo di N’Djamena, è deceduto martedì a seguito delle ferite riportate negli scontri avvenuti lo scorso fine settimana nel settore centro-occidentale del Paese tra le forze governative e i miliziani del Front pour l’alternance et la concorde au Tchad (Fact), una formazione ribelle sconfinata dalla vicina Libia, attraverso la vasta regione del Tibesti, in coincidenza con le elezioni dell’11 aprile scorso. Secondo fonti della società civile, Déby sarebbe rimasto ferito gravemente lunedì scorso nella provincia di Kanem dove si era recato per sostenere le truppe governative, impegnate a una cinquantina di chilometri a nord di Mao, capoluogo distrettuale. Successivamente, in serata, era stato trasferito d’urgenza nella capitale ciadiana e il decesso sarebbe avvenuto tra le due e le tre di martedì.

Sul fatto che il Ciad non sia un Paese tranquillo, nessuno ha dubbi, anche se la presenza militare francese, con le tre basi militari di N’Djamena, Abéché e Faya Largeau, ha sempre rappresentato una 'garanzia' per la sicurezza nazionale. Sta di fatto che il comando francese aveva già segnalato da giorni ai vertici militari ciadiani l’avanzata dei ribelli, senza però intervenire direttamente. D’altronde l’esercito governativo ha sempre dimostrato in questi anni grandi capacità nel contrastare i gruppi armati che imperversano lungo la linea di confine con la Libia, come anche sulla sponda orientale del Lago Ciad dove è operativa, l’Islamic State West Africa Province (Iswap), gruppo scismatico proveniente dal movimento nigeriano Boko Haram.

Viene spontaneo domandarsi come mai i miliziani del Fact siano riusciti così velocemente a spingersi a meridione, dando filo da torcere ai governativi. Fonti ben informate contattate da 'Nigrizia' ritengono che vi siano prove di un coinvolgimento della Turchia e del Qatar dietro a questo tentativo di ribaltare il potere di N’Djamena per penetrare, appoggiando i miliziani, sempre più nel cuore del-l’Africa centrale; con evidenti mire espansionistiche verso la Repubblica Centrafricana, terra contesa tra gruppi ribelli al soldo dei Paesi confinanti e di potentati stranieri, più o meno occulti. Rimane il fatto che quanto sta avvenendo in queste ore a N’Djamena è a dir poco inquietante.

Infatti, si è verificato una sorta di golpe in quanto un gruppo di militari si è costituito in Consiglio militare di transizione che ha sciolto l’Assemblea Nazionale e il governo, investendo di ogni potere uno dei figli di Déby, Mahamat Idriss Déby. Tutto questo in flagrante violazione del dettato costituzionale che prevede in caso di vacanza della presidenza della Repubblica, all’articolo 81, l’esercizio provvisorio del potere da parte del presidente dell’Assemblea Nazionale. Uno scenario che fa pensare a quanto avvenne nel 2001 nella Repubblica Democratica del Congo, quando a Kinshasa venne ucciso il presidente Laurent- Désiré Kabila. Anche allora si levarono forti sospetti, mai ufficialmente dimostrati, che dietro questa triste vicenda si celasse la mano di uno dei suoi figli, Joseph Kabila.

Una cosa è certa: con la morte di Idriss Déby 68 anni (era appena stato rieletto per il suo sesto mandato), esce di scena uno dei dinosauri della politica africana, al potere per oltre un trentennio. Una storia la sua che richiama alla mente personaggi defunti come lo zimbabwano Robert Mugabe o il congolese Mobutu Sese Seko, per non parlare dell’ancora regnante ugandese Yoweri Museveni. Tutti presidentipadroni che hanno dimostrato, con le scuse più svariate, di non essere disposti a farsi da parte. A questo proposito è bene ricordare che nel 2018, Déby impose una modifica costituzionale per estendere la carica presidenziale a 12 anni, inserendo peraltro una clausola che gli forniva il dominio assoluto sul Paese giacché eliminava le figure istituzionali del vice presidente e del primo ministro. Mentre scriviamo giunge notizia dell’avanzata degli insorti verso N’Djamena, uno scenario rispetto al quale è difficile fare previsioni, anche se è evidente che la situazione non è più sotto controllo. L’incognita, a questo punto, è rappresentata dal contingente francese, che al momento sembra stare alla finestra. Una cosa è certa: fedele alleato di Parigi nella lotta al terrorismo jihadista nel Sahel, uomo chiave nell’affare del petrolio ciadiano, Déby lascia una pesante e controversa eredità al suo Paese e all’intera Africa.