Opinioni

Ciò che più serve alla Scuola italiana. L’incentivo strutturale

Luigino Bruni mercoledì 10 settembre 2014
Il nostro Sistema Scuola soffre molto se confrontato con quelli degli altri Paesi economicamente più avanzati, ma nel suo insieme sta progressivamente migliorando. Sono queste le due coordinate dell’analisi sviluppata dal rapporto Ocse. "Uno sguardo sulla scuola 2014", reso noto ieri. Ed è esattamente all’interno di queste coordinate che deve inserirsi la necessaria riforma della scuola annunciata dal nostro Governo. Alcune cose emerse dai dati le sapevamo già: nel novero dei Paesi Ocse siamo tra i peggiori per abbandono scolastico, per l’occupazione dei giovani al termine del loro percorso formativo, e per gli investimenti nell’istruzione. Altre cose, invece, le immaginavamo: come la diminuzione, tra il 2008 e il 2012, dell’12% della spesa pubblica per l’istruzione (passata dal 9,4 all’8,6%) o come il calo delle retribuzioni degli insegnanti (quelle dei docenti con 15 anni di esperienza sono diminuite del 4,5% tra il 2005 e il 2012 per tutti i livelli d’insegnamento). Altri dati ancora ce li aspettavamo di meno. Tra questi che il 62% dei nuovi laureati è donna, rispetto a una percentuale di laureate del 56% nel 2000, e che in Italia nel 2011 le donne sono il 40% dei laureati in ingegneria, a fronte del 22% in Germania e del 23% in Gran Bretagna. Un altro dato positivo è che la quota dei 25-34enni non diplomati è diminuita, tra il 2000 e il 2012, dal 41 al 28%, e quella dei laureati è raddoppiata (22%).Guardando oltre questi numeri e facendo qualche piccolo calcolo, scopriamo che nonostante i forti tagli alla spesa per la scuola, dare la possibilità a un bambino di raggiungere dopo 13 anni il diploma costa al nostro Stato 91.532,38 euro (32.780,77 per gli anni della scuola primaria, 19.987,42 per quella media, e 38.764,19 per la scuola superiore). Se, poi, aggiungiamo la scuola materna, l’università e la spesa che le famiglie sostengono per far studiare un figlio, arriveremmo vicino ai 200.000 euro – per fermarci soltanto agli aspetti monetari di questi costi-investimenti. È bene ricordare ogni tanto tali cifre, che ci dicono innanzitutto che un/a giovane è un patrimonio della nostra società, un’alta forma di bene comune, a cui tutta la comunità politica di un Paese contribuisce (non fosse altro con le tasse). Cifre che poi ci dicono, almeno in parte, quante risorse pubbliche vanno sprecate quando i ragazzi e i giovani abbondonano gli studi o vanno a lavorare all’estero (anche se ogni figlio è sempre figlio del mondo). L’abbandono scolastico, dove l’Italia mostra dati molto preoccupanti soprattutto nelle regioni del Sud, non è solo una piaga sociale, un handicap per giovani, famiglie, comunità, ma è anche un gettar via parti consistenti di ricchezze nazionali, patrimoni umani ed economici.Questo rapporto Ocse, quindi, arriva in un momento molto propizio per offrire importanti elementi alla Riforma della scuola appena avviata. La priorità della scuola italiana sono le strutture. Gli studenti, gli insegnanti, il personale amministrativo (troppo trascurato anche dai dibattiti), lavorerebbero molto meglio e con migliori risultati se potessero lavorare in ambienti con migliori strutture, infrastrutture, materiali, risorse. È strutturale il primo "incentivo" di cui ha bisogno la nostra scuola, un incentivo comune che non aumenta il clima competitivo dentro le nostre scuole ma favorisce la cooperazione tra tutti. La scuola non ha bisogno di una élite di professori incentivati con denaro (pubblico) e una "classe media" docente che così finisce per demotivarsi ancora di più (lo dicono molti studi sperimentali su cooperazione e competizione nei luoghi di lavoro), ma di investimenti strutturali che mettano gli insegnanti e tutti gli attori del sistema scuola nelle condizioni di poter lavorare bene e insieme (non dimentichiamo mai che la scuola è il "gioco cooperativo" per eccellenza). È così che una docente o un impiegato danno il meglio di sé.L’Italia non ha docenti né personale amministrativo peggiore o più pigro degli altri Paesi (i dati sulla conoscenza matematica degli adulti italiani sono, ad esempio, molto buoni).