Opinioni

Il pensionato che pinage, ciò che ha mosso, ciò che resta. In una foto la verità della vita dei greci

Ferdinando Camon venerdì 10 luglio 2015
Ci sono eventi storici che vengono perfettamente riassunti in una foto. Il volontario spagnolo della guerra civile del 1936 colpito al petto, i mezzi da sbarco americani nella spiaggia di Normandia, una decapitazione dell’Is... Vedi una sola foto e capisci tutta la storia. Nel cervello mi ronza una riga di Hegel, quando vide arrivare Napoleone: «Ho visto passare la Storia a cavallo». Avessimo una foto di quel transito a cavallo, potessimo vedere come l’imperatore incede, capiremmo perché la Storia non poteva andare se non dove andava. Una foto è un racconto. Parla. Denuncia. Testimonia. La foto del pensionato di Salonicco accasciato per terra, in lacrime, resterà l’icona della crisi greca. L’uomo è crollato a terra, s’è come spaccato a metà, la metà superiore del suo corpo sta in verticale, appoggiata al muro, la metà inferiore è orizzontale, abbandonata inerte sul marciapiede. Il corpo forma un angolo retto. Le gambe senza forza stan divaricate, non si uniscono. Accanto all’uomo, per terra, stanno due documenti, forse le carte per la pensione. L’uomo piange. Un pianto sgraziato, com’è sempre quello dei vecchi.«Il pianto dei vecchi è grottesco, / le rughe si moltiplicano all’infinito, / ma la tragicità del vagito / spiana la carne nata di fresco»: i vecchi che piangono imbruttiscono, perciò si vergognano e si coprono la faccia. Questo vecchio sta alzando la mano sinistra per coprirsi, la destra galleggia a mezz’aria, come per un tremito. Quel che imbruttisce di più, nei vecchi che piangono, è la bocca, sulla quale il pianto imprime una smorfia che somiglia a un riso isterico. Questo vecchio è disperato. Non solo non sa cosa fare, ma non sa nemmeno cosa succede. È fuori dal mondo, o il mondo lo ha chiuso fuori. Il muro contro il quale poggia la schiena è una banca, la quarta banca che lui ha visitato quella mattina per riscuotere la pensione, e la quarta banca che gli ha detto di no. È 'un’uomo senza denaro', e homo sine pecunia, imago mortis dice un proverbio latino, un uomo senza denaro è l’immagine della morte. Il proverbio significa che di fronte a un uomo senza denaro tutti scappano come di fronte alla morte, ma qui in Grecia la visione acquista un altro significato: tutti hanno poco denaro o niente del tutto, nessuno scappa da nessuno, tutti stan lì inchiodati davanti alla banca, vuota. C’è un’anziana che sta male, un anziano le accosta alla bocca una bottiglia d’acqua. Un poliziotto e un funzionario della banca vengono verso il nostro anziano accasciato e lo tirano su per le braccia. Lui si lascia sollevare di peso, non collabora, non ha forza. Quand’è dritto in piedi piange più di prima, a dirotto, perché nella sua disperazione c’è anche la vergogna e dritto in piedi è visibile a tutti, la vergogna aumenta. Leva una mano per coprirsi la faccia, dalla parte dove c’è la gente, come se alzasse un separé. Il resto conta poco. Si chiama Giorgos Chatzifotiadis, la sua foto corre per il mondo, arriva in Australia, a Sydney la vede sul computer un emigrato greco, James Koufos, che telefona dicendosi pronto ad aiutarlo: finché la banca non gli dà i 120 euro settimanali di pensione, lui gliene darà 250. Ha appena prenotato l’aereo per volare a Salonicco, quando viene a sapere che il vecchio è un amico e coetaneo di suo padre. Così diventa una solidarietà di clan. Lo Stato è morto, restano le famiglie, e l’amicizia. Ma tutto questo, dicevo, conta poco. Dal nostro cervello svanirà. Resterà quel vecchio per terra che piange, icona perenne di un uomo che vive in uno Stato che muore.