Opinioni

Napoli. In morte di Emanuele, 19 anni, «dimenticato» di Ponticelli

Maurizio Patriciello sabato 28 aprile 2018

“Pisellino” è morto. È stato ucciso. A Napoli, al quartiere “Conocal” di Ponticelli. Uno di quei quartieri dove la vita la strappi con le unghie sottraendola agli altri. Aveva 19 anni, Emanuele Errico, bambino diventato adulto senza mai essere stato giovane. Per lui non ci saranno manifestazioni, non sarà proclamato il lutto cittadino. Si, perché Emanuele, agli arresti domiciliari, girava attorno al mondo della malavita. Quel mondo, cioè, che in questi quartieri permette la sopravvivenza di tante famiglie. Quartieri tirati su e poi lasciati a se stessi. Volutamente.

Lo sanno anche i bambini che dove il gatto non c’è iniziano a danzare i topi. E in questi orribili quartieri lo Stato ha deciso di abdicare ben sapendo che il vuoto sarebbe stato riempito presto. e non da persone qualsiasi ma dai nemici dello stesso Stato, della civiltà, del buonsenso. Della legalità, della normalità, della serenità. E vivere diventa un incubo. Un mondo sottosopra dove ben presto prende il sopravvento una logica altrove assurda. Come negli antichi ghetti, nelle carceri, nelle comunità isolate, si creano mentalità, linguaggi, valori e comportamenti particolari. Una sorta di mondo nel mondo.

Occorre iniziare dalle piccole cose; ciò che non è permesso altrove non deve essere tollerato in questi quartieri. È importante. I bambini, i ragazzi, i giovani, nemmeno per un attimo, debbono illudersi di essere al di sopra della legge. Aiutiamoli. Oggi. Andiamo incontro a questa nuova e bella umanità, offriamole qualche possibilità, strappiamola dalle grinfie degli sfruttatori senza scrupoli e senza pietà.

“Pisellino” aveva solo pochi anni in più di Alfie, il bambino che sta commuovendo il mondo. Chiedo la carità di una lacrima e di una preghiera anche per lui. E per tutti i piccoli sparsi nelle nostre periferie. Senza futuro, senza un traguardo. Sfruttati, ingannati, strumentalizzati. Lanciati come esche per le strade a fare gli interessi di altri. Sono loro a pagare il prezzo più alto, sono loro ad essere acciuffati, sono loro a finire facilmente in carcere. Sono sempre loro a finire molto presto al camposanto.

Quante notizie dolorose in questi giorni. Nel quartiere dove sono parroco, insieme ai narcotrafficanti è stato tratto in arresto un carabiniere che da anni lavorava sul territorio, Lazzaro Cioffi, detto Marcolino. La gente è rimasta sgomenta. Marcolino faceva affari con i malviventi? E come ha fatto a rimanere per decenni al suo posto? Caivano, il comune in cui sono parroco, è stato sciolto in questi giorni per infiltrazioni mafiose. Mafia nelle istituzioni. Istituzioni corrotte. Politica incapace. Città allo sbaraglio. Ma chi deve farsi carico di questa umanità emergente che ha il diritto a vivere e ad essere felice? Chi andrà incontro a queste folte schiere di ragazzi prima di cadere prigionieri della malavita?

Lo abbiamo detto e ripetuto, le leggi debbono essere osservate fin da bambini. Ciò che vale altrove deve valere anche al Parco Verde, a Scampia, al Conocal di Ponticelli. Nessuna zona franca. Stessi diritti per tutti, ma un occhio particolare e benevole per chi parte svantaggiato. Non lasciamo sola la mamma di Emanuele a piangere suo figlio. In qualche modo questa morte ci interpella, ci chiama in causa. Per la verità, ci accusa.

“Liberiamo” i bambini di questi quartieri a rischio. Facciamolo insieme, prima che la mentalità del ghetto venga da loro assimilata. Facciamoli sentire cittadini italiani, cittadini del mondo. Attrezziamoli per affrontare la vita senza essere costretti a bussare alla porta del boss, tante volte, unica “istituzione” presente sul territorio capace di rispondere ai loro immediati bisogni. Si può digiunare un giorno, due, forse tre, poi bisogna mangiare. E quando il pane onesto non si trova, tanti ricorrono ai forni della malavita. E inizia la discesa verso gli inferi. Perché quel pane sarà sempre pane avvelenato. Pane che non sazia, pane velenoso.