Opinioni

Inchiesta. «Secondo figlio» la Cina apre alla surrogata

di Stefano Vecchia sabato 23 aprile 2016
Lunedì 18 aprile, una protesta – ripetuta per il quinto anno – ha interessato alcune arterie centrali di Pechino. Centinaia di genitori che hanno perso il loro unico figlio hanno chiesto con decisione al governo i compensi promessi. Non una manifestazione di dissenso in sé verso le politiche ufficiali, ma di disperazione per non avere in prospettiva alcun sostegno filiale come conseguenza della demografia di regime. Nonostante la crescita, nonostante il mutamento degli stili di vita, troppi cinesi vivono infatti tra pratiche sociali tradizionali e nuove realtà che non le cancellano ma le rendono sovente impraticabili. In sé, la presenza di un migliaio di genitori senza più figli davanti alla sede della Commissione nazionale per la salute e la pianificazione familiare ha segnalato l’insufficienza degli indennizzi equivalenti a 60-70 euro mensili secondo luogo di residenza, in molti casi nemmeno percepiti, ma ancora una volta le tante contraddizioni del voltafaccia ufficiale sulla politica demografica in vigore da quasi un quarantennio. Per decisione ufficiale, da pochi mesi la politica 'del figlio unico' è stata sostituita da quella 'del doppio figlio', focale per sostenere la transizione strutturale in corso. Preferendo non insistere sull’impressionante casistica negativa frutto della politica demografica dl passato, i funzionari governativi puntano il dito verso l’evoluzione degli stili di vita e la crescente infertilità (che per dati ufficiali colpirebbe il 12,5 per cento della popolazione contro il tre per cento di vent’anni fa) come ragioni del crollo delle nascite. I risultati di quest’ultimo sono evidenti e potenzialmente drammatici. Il tasso di nascite attuali a 1,4 figli per donna in età riproduttiva sfiora il livello di allarme posto internazionalmente a 1,3; alla metà del secolo, gli anziani saranno oltre un quarto della popolazione e tra mezzo secolo – indicano le proiezioni – i cinesi saranno 1 miliardo e 210 milioni contro i 1 miliardo e 357 milioni attuali. Si incrementerà anche il divario tra i sessi dovuto alla selezione prenatale e tra cinquant’anni solo 100 donne in età fertile saranno disponibili per 160 maschi pronti al matrimonio. Anche le decine di milioni di cinesi mai registrati alla nascita per evitare sanzioni costituiscono un crescente rischio sociale. Chiaramente, accanto agli incentivi proposti o decisi per motivare i cinesi alla prole (più estesi congedi parentali per entrambi i genitori, incentivi finanziari, detrazioni fiscali; soprattutto, maggiori possibilità di custodia per i figli di coppie che lavorano) restano evidenti contraddizioni nel sistema, difficilmente risolvibili nel breve termine.Un esempio? Dopo che era stata definita incompatibile con la dignità delle donne cinesi e infiltrabile da criminalità e corruzione, con la fine ufficiale il 1° gennaio della 'politica del figlio unico' che per 36 anni aveva indicato una stretta strada di prolificità alle famiglie cinesi, la maternità surrogata è tornata ammissibile, consentendo a potenziali genitori di utilizzare donne connazionali per concretizzare la voglia condivisa di maternità e paternità. Una mossa che avrebbe nell’immediato il senso di ridurre il flusso verso altri paesi, a partire dagli Stati Uniti, di cinesi benestanti in cerca di madri surrogate per la propria prole. Il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo (il Parlamento cinese) ha deciso di ritirare la bozza di legge che avrebbe bandito le pratiche surrogate. Una mossa accolta con stupore, perché raramente il potere contraddice se stesso quando ha già reso pubbliche proprie iniziative offrendo il fianco a critici e a quanti speculano sulla debolezza interna al sistema di potere cinese. In realtà – come evidenziato in una imbarazzata conferenza stampa dal responsabile degli Affari legali della Commissione nazionale per la salute e la pianificazione familiare, Zhang Chunsheng – «alcuni membri del Comitato permanente hanno obiettato che la surrogata non può essere del tutto proibita», perché anche in caso di bando «i ricchi potrebbero sempre andare all’estero, in paesi dove la surrogata è permessa». Anche prima del voltafaccia ufficiale, la maternità surrogata era in crescita , con almeno 10mila nascite all’anno frutto solo del vasto settore clandestino. Lo scorso agosto il New York Times indicava in un migliaio i mediatori – individui o agenzie – attivi negli Stati Uniti per facilitare l’accesso di coppie a un 'utero in affitto' a costi oscillanti tra 125mila e 175mila dollari. Come sottolinea Joshua Freedman, ricercatore-capo dell’agenzia di consulenza China Policy con base a Pechino, «la politica del doppio figlio potrebbe creare una maggiore richiesta di madri surrogate da parte di famiglie non in grado di avere figli». Tuttavia, segnala ancora Freedman, «i politici sembrano più preoccupati di gestire ora la politica del doppio figlio e rimandare le problematiche legate alla surrogata a un dibattito successivo». L'apertura a una doppia prole, tuttavia, ha anche altri ostacoli davanti, anch’essi eredità del passato e non facilmente risolvibili. Mancano infatti medici specialisti, nell’immensa Cina tesa per decenni alla produzione che era anzitutto di operai, tecnici e manager più che di medici, infermieri, ricercatori e esperti di laboratorio. Le statistiche indicano in circa 93.400 i pediatri registrati, la metà del necessario. Punta dell’iceberg di un sistema che potrà peggiorare nell’immediato futuro, se la «politica dei due figli» decollerà e portare tre milioni di nuove nascite all’anno nell’enorme ma esausta demografia cinese. Oggi gli ambulatori sono soverchiati da un numero enorme di pazienti, fino a 180 al giorno, i cui genitori sono giustamente apprensivi ma sovente anche aggressivi, ancor più finora per l’esclusività della prole. Ancora una volta, Shanghai sembra guidare una reazione. Con 250mila bambini previsti in più ogni anno, la municipalità punta sulla preparazione di 500 pediatri da inserire in organico nei prossimi anni a integrazione dei 3.200 già in organico. Ancora una volta con modalità che suscitano perplessità negli stessi ambienti medici. Come rilevato da Wang Panshi, vice-direttore dell’Autorità per la salute della megalopoli meridionale, il piano governativo di spingere più studenti di Medicina verso la pediatria, di incoraggiare gli studenti di altre specialità mediche a intraprendere 10 mesi di tirocinio che li metta in grado di curare anche i piccoli «non è realistico». «Anzitutto, saranno pochi gli studenti a scegliere questa specializzazione, inoltre, quali parenti metterebbero i propri figli nelle mani di un dottore che ha solo pochi mesi di preparazione». Insomma, nell’immensa Cina che fa i conti con le problematiche dovute alla propria demografia zoppa, con l’eredità di 400 milioni di cittadini mai nati e con un futuro che si preannuncia scarso di braccia e di menti, le soluzioni al momento sembrano essere più velleitarie che attuabili e questo allarga potenzialmente ancor più le 'zone d’ombra' che connettono etica, legalità e business.