Opinioni

La Luna e l'America. Il vero e coraggioso balzo nella storia dell'umanità

Ferdinando Camon venerdì 4 febbraio 2022

È l’epopea di Tito Stagno, in questi giorni. Tg, radio e giornali citano le sue parole con le quali ha fatto apparire superumano ed eroico lo sbarco sulla Luna. Ho sempre pensato il contrario: è per quelle parole che lo sbarco dell’uomo sulla Luna è parso a tutta l’umanità come normale e fattibile. Intanto, perché quell’impresa l’abbiamo vista in tv. Poi, perché era prevista e aspettata. Infine, ma questa è la ragione principale, perché chi faceva quell’impresa, cioè gli astronauti, erano in perenne, ininterrotto collegamento con noi. Non sono mai stati soli. Né quando lavoravano, né quando dormivano.

Né quando stavano bene, né quando avevano dei problemi. Avevano coraggio? Certo, un coraggio immenso: salire nei cieli a un’altezza tale che la Terra ti appare piccola piccola, e ti domandi chi sei, cosa stai facendo, dove vai, che ne è di te, che ne è della tua vita, e che ne sarà di te alla fine della tua vita. Le domande supreme te le poni nei momenti supremi. E quello era un momento supremo. Non tutti l’avremmo retto. Io non l’avrei retto. Chi ha fatto quell’impresa aveva più coraggio di noi. Ma è stata davvero l’impresa più coraggiosa che l’uomo abbia compiuto? È il vero, grande, insuperabile balzo dell’umanità?

L’umanità non aveva mai compiuto niente di più eroico, di più coraggioso? Chi mi segue sa che la penso diversamente: c’è stato un altro viaggio ben più eroico, più coraggioso, e anche più foriero di conseguenze per l’umanità, ed è stato il viaggio di Cristoforo Colombo. Tra viaggiare verso la Luna stando dentro la navicella e viaggiare verso le Indie stando dentro la caravella, la differenza di coraggio e di eroismo è immensa. Proprio perché nel momento esatto in cui il tuo piede tocca la Luna, c’è Tito Stagno che grida all’umanità: 'Ha toccato!', mentre quando Colombo sbarca sulla Nuova Terra facendosi precedere da un gonfalone con il simbolo della monarchia e da una croce come simbolo del Cristianesimo, non c’era nessuna tv, nessuna radio, nessun interprete che stabilisse un contatto con gli eventuali abitanti di quel suolo.

C’erano infatti, gli abitanti, e quando Colombo li incontrò e gli parlò, tra le parole con cui quelli rispondevano parve al navigatore di sentirne una che secondo lui significava 're'. Per Colombo, anche i selvaggi si riconoscevano come sudditi del re di Spagna. Colombo ha fatto tutto il viaggio senza sapere dove andava. Gli astronauti l’han sempre saputo, in ogni momento. Per giorni e mesi Colombo era perduto per noi e noi per lui. Non lo vedevamo più. Gli astronauti li abbiamo sempre visti. Colombo e i suoi uomini potevano ammalarsi e morire, era un problema loro. Gli astronauti eran medicalmente monitorati ogni minuto. Un problema sulla caravella? Non esisteva per la corona e per l’umanità, quindi non esisteva per nessuno.

Un problema sulla navicella? L’allarme via-radio: 'Houston, abbiamo un problema' sarebbe rimbalzato nelle nostre case, a paralizzarci pranzo e cena. Colombo è andato in America da solo, con una ciurma di carcerati. Gli astronauti sono andati sulla Luna con tutti noi. Non è l’astronauta che 'ha toccato' la Luna, tutti noi l’abbiamo toccata. Il coraggio è questione di solitudine. Nella caravella tutti erano soli, e dovevano salvarsi. Ma tutti eravamo collegati con gli astronauti, e dovevamo salvarli. Abbiamo toccato. E li abbiamo riportati.