Opinioni

Tanto denaro e poche buone regole. Il vento c'è diamoci pale

Leonardo Becchetti martedì 1 settembre 2015

Dopo Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea anche la Cina si lancia nel quantitative easing con un ambizioso programma di acquisto di titoli che inonderà i mercati di ulteriori quantità di denaro. Mai il denaro è stato così abbondante. Il mondo è allagato di liquidità, ma la capacità di risolvere le molteplici crisi dei nostri tempi (povertà, disoccupazione, divari di reddito che insieme a guerre e persecuzioni scatenano flussi migratori, crisi finanziarie) sembra diminuire invece che aumentare. È arrivato il momento di metterci bene in testa che il problema non è solo la quantità di moneta, ma il suo utilizzo. Se l’inondazione di liquidità non arriva all’economia reale, se "il cavallo non riesce a bere", l’effetto è solo una serie infinita di bolle speculative. Per usare un’immagine, ci vogliono delle pale eoliche per trasformare in energia un vento impetuoso che soffia sul mare altrimenti il risultato del vento è solo la produzione di onde. Ebbene l’operato dei banchieri centrali sta generando venti impetuosi ma le pale eoliche scarseggiano.Beninteso i tanti che oggi paventano i rischi del quantitative easing non devono dimenticare che quello europeo di Draghi è stato fondamentale per creare un minimo grado di solidarietà finanziaria tra Paesi del Nord e Sud dell’Eurozona. È questo che tiene in piedi l’area euro, eliminando parte del divario di tassi d’interesse che impediva la corretta trasmissione della politica monetaria. Quindi il QE europeo, anche in assenza di una capacità maggiore di incidenza sull’economia reale, ha ridotto alcuni importanti squilibri finanziari dell’Eurozona.Non per questo dobbiamo però far finta di non vedere che queste immense somme di denaro "sono gettate dagli elicotteri" (famosa immagine di Milton Friedman) nei cortili degli intermediari finanziari e spesso non arrivano a famiglie e imprese. Il problema è che il sistema finanziario globale soffre di una grave malattia di azzardo compulsivo e shortermismo: mediamente sui vari mercati il 65% delle transazioni sono in mano ad algoritmi automatici di trading ad alta frequenza, che hanno fatto precipitare la durata media di detenzione di un titolo alla sbalorditiva durata di circa 22 secondi. Per la "crisi cinese" la borsa americana ha perso in due giorni più di quanto aveva perso col fallimento di Lehman Brothers e la gravità del secondo evento non è minimamente comparabile alla quasi "non notizia" del primo. La differenza sta nella continua crescita degli algoritmi di trading automatico perché il picco della perdita di Borsa nell’ultimo evento si è materializzato in una brevissima unità di tempo.Per molto tempo in letteratura finanziaria e bancaria abbiamo magnificato le virtù della liquidità dei mercati finanziari. È ora arrivato il momento di chiederci se la velocità e la liquidità non siano troppe e non costituiscano un ostacolo invece che un aiuto all’economia reale. Non a caso la nota relazione econometrica positiva tra sviluppo del settore finanziario ed economia reale si è arrestata nell’ultimo decennio fino a far arrivare molti studiosi a domandarsi se il sistema finanziario non sia diventato ipertrofico.A chi giova il crollo dell’8% in un giorno di un indice borsistico e il recupero della perdita nei due giorni seguenti? Sicuramente a chi vende "polizze contro il rischio" o scommette sulla volatilità. Non certo a investitori e imprese che hanno bisogno di "capitali pazienti" e che contro quel rischio devono assicurarsi costosamente. E neanche a tutti coloro che per dovere professionale o per gusto (?) della scommessa perdono la serenità dietro le fibrillazioni di brevissimo termine dei mercati.I punti deboli del sistema da cui partire per una riforma che rimetta le immense potenzialità della finanza al servizio dell’economia sono stati individuati da tempo. Il primo genere di provvedimenti da mettere in atto è quello di penalizzare i capitali impazienti. Undici Paesi europei si sono decisi a costruire una proposta sulla tassa europea sulle transazioni finanziarie con il duplice obiettivo di ridurre la volatilità giornaliera dei loro mercati finanziari e raccogliere risorse per il bilancio europeo. Seguendo l’esempio del Regno Unito che da sempre raccoglie questa stessa tassa.

Il secondo provvedimento fondamentale è una forma di separazione tra attività di banca commerciale e attività finanziarie pure, che risponde sia a un criterio di trasparenza sia all’obiettivo di aumentare l’impegno di banche massimizzatrici di profitto verso l’attività di credito tradizionale (le due grandi crisi, 1929 e 2007, nascono dall’abolizione delle regole sulla separazione dei due ambiti). Il terzo punto decisivo è modificare le strutture di incentivo di manager e trader negli intermediari finanziari troppo sbilanciate su bonus legati ai valori delle azioni per evitare manipolazioni dei corsi del titolo e prese di rischio di cui beneficiano gli stessi a scapito degli interessi dell’intermediario stesso.Il vento soffia impetuoso. È arrivato il momento di capire i rischi che corriamo se ne soffia troppo e di costruire le pale.