Opinioni

Il trionfo tagliente della solitudine e l'assedio stretto del «presentismo»

Marco Tarquinio mercoledì 5 febbraio 2020

Caro direttore,
faccio un passo indietro di qualche giorno: la notte del 26 gennaio ho seguito con apprensione i risultati delle elezioni regionali in Emilia Romagna. E mi sono addormentato con in testa questa frase di Friedrich Nietzsche: «Le idee che giungono su ali di colomba governano il mondo». È da tempo che mi chiedo come sia possibile che chi prima votava a sinistra ora voti la destra. E questo è quanto accade a tutto l’Occidente. Scelgo una parola che, secondo me, può raccontare le ragioni di questo apparente paradosso: solitudine. Facciamo tutti un passo indietro più lungo, allora: allontaniamoci dal presente e proviamo a guardarlo da lontano. Mentre Dio andava lentamente abbandonando il posto da cui aveva diretto l’universo e il suo ordine di valori, separato il bene dal male e dato un senso a ogni cosa, l’uomo secolarizzato uscì di casa e non fu più in grado di riconoscere il mondo. Questo, in assenza del Giudice supremo, apparve all’improvviso in una terribile ambiguità; l’unica Verità divina si scompose in centinaia di verità relative, che gli uomini si spartirono fra loro. Nacque così il mondo dei Tempi moderni. Intendere, come fa Cartesio, l’io pensante come fondamento di tutto, essere dunque soli di fronte all’universo, è un atteggiamento che Hegel, a giusto titolo, giudicò eroico. Intendere il mondo come ambiguità, dover affrontare, invece che una sola verità assoluta, una quantità di verità relative che si contraddicono, possedere dunque come sola certezza la saggezza dell’incertezza, richiede una forza altrettanto grande. L’uomo sogna un mondo in cui il bene e il male siano nettamente distinguibili, e questo perché, innato e indomabile, esiste in lui il desiderio di giudicare prima di aver capito. Su questo desiderio sono fondate le religioni e le ideologie. Entrambe hanno lasciato, volenti o nolenti, il campo libero e quel vuoto genera spaesamento e fragilità. Solitudine. L’individuo è solo, il suo bisogno di appartenenza è frustrato e l’insoddisfazione si trasforma in rabbia. L’impossibilità di soddisfare i bisogni primari e secondari genera violenza che non trova alcun rito per poterla scaricare se non il “catino” dello stadio, o peggio, la ricerca della vittima sacrificale. Chi si occupa della sua solitudine, chi lo ascolta? La famiglia, i vicini di casa, la comunità? Entità evanescenti e disgregate. Gli unici che hanno intercettato questi bisogni sono le destre sovraniste e populiste che ascoltano e poi fuggono dalla responsabilità di risolvere i problemi che, invece, andrebbero affrontati con serietà, competenza, inserendoli in un orizzonte con confini più ampi del presentismo. Sulle ali di una colomba, tre mesi prima delle elezioni, un vento fresco ha portato in Emilia – ma non solo – idee non rivoluzionarie, né nuove, ma capaci di soddisfare il bisogno di appartenenza che ha sconfitto, almeno in parte, la solitudine. Anche il fenomeno dei Gilets jaunes ha soddisfatto, in Francia, il desiderio di appartenenza, ma lo ha fatto con pratiche proprie della violenza che distrugge e non costruisce. Le modalità proposte e attuate dalle Sardine sono un esempio di come si potrebbero formulare idee nuove di convivenza civile e redistribuzione equilibrata delle risorse. Ascoltiamo senza impartire lezioni, se non in senso socratico, maieutico: saranno loro a generare le idee che governeranno il mondo.

Fabio Sonzogni

P.S. Il risultato in Calabria mi è parso il più scontato. Spero solo che la politica finalmente sia all’altezza del lavoro prezioso per contrastare la ’ndrangheta e ogni malaffare del magistrato Nicola Gratteri.

La sua, caro amico, è un’analisi rapida ma profonda, saldamente fondata su elementi di realtà. È ricca di sana passione civile. E ha il pregio di segnalare il punto nevralgico di una crisi che divide radicalmente, ribalta le prospettive, genera rabbia e la canalizza in modo anche inaspettato. Mi conferma che è vero che gli artisti, e lei lo è, sanno vedere bene sia vicino sia lontano. Soprattutto se hanno la generosità e la passione di farsi anche maestri. Sì, lei vede bene: la solitudine è l’approdo tagliente e inesorabile della relativizzazione e della sistematica rottura delle relazioni fondamentali, è l’esito amaro di quell’esasperato individualismodi cui il nazionalsovranismo è forma drammaticamente collettiva e il presentismo, per un verso, e il perfettismo, per un altro, sono stadi maturi, arroganti e tristi. Il presentismo dimentica il passato e non contempla il futuro dei singoli e delle comunità, concepisce la fine della storia e la finge possibile, esclude dall’orizzonte di un presente autoreggente e autoreferenziale persino la paternità e la maternità: quella biologica e genitoriale, che genera figli alla vita, e quella spirituale e morale, dei buoni maestri di cultura e di fede, che accoglie e genera persone orientate a una vita buona perché accettata interamente, comunque spesa, aperta all’Altro e agli altri. Il perfettismo, invece, è la pretesa di stabilire chi sono gli ammessi con dignità alla vita e alla piena cittadinanza, giudicando e selezionando per pelle, territori di nascita, condizione fisica ed economica, idee, religione. Credo fermamente che la risposta 'politica' a tutto questo possa venire da diverse parti, non da una sola. Ma spero in un contributo forte e speciale di quanti si sentono cristiani e cattolici. E so che a tutti noi occorre il coraggio di denunciare e smettere sia le inerzie e le complicità culturali (e purtroppo anche religiose) sia i toni e modi che, più che mai negli ultimi anni, hanno fatto le fortune di capi partito 'di successo' e hanno preso a guastare gravemente il clima sociale e a sfigurare il profilo umano del nostro Paese. Per questo non è tempo di rassegnazioni. Un’ultima annotazione, caro direttore Sonzogni. Capisco perfettamente il bel senso narrativo di quel suo «Mentre Dio andava lentamente abbandonando il posto...», ma non resisto alla tentazione di obiettare, sapendo che condivide: siamo noi ad «abbandonare il posto», non Dio. E che vengano davvero su 'ali di colomba' le idee che devono governare il mondo, cioè riportare equilibrio e pace tra terra e cielo. Grazie sempre dell’amicizia, della condivisione.