Opinioni

Dopo il disastro. Puglia, il treno delle nostre storie

Antonio Diella* giovedì 14 luglio 2016
Chissà quante volte sarò salito anch’io su quel treno delle Ferrovie Bari Nord. Per uno studente universitario come me, residente in provincia e che, per 'difetto di moneta' e scelta di metodologia di studio, non poteva permettersi di prendere in fitto un appartamento, il pendolarismo era una decisione obbligata. E lo è stato anche quando ho cominciato a lavorare. Si andava a Bari e si tornava, a volte anche con il treno delle Ferrovie Bari Nord. La linea su cui è esplosa l’ecatombe. Per noi, gente di provincia e di piccoli paesi, il treno diventa in certi periodi o per quasi tutta la vita, una specie di 'seconda casa', dove intrecci amicizie e confidenze, stando in piedi pressati come sardine o seduti in gruppi su sedili mai sufficienti, condividi problemi, racconti, speranze, piccoli e grandi drammi; dove ti addormenti, perché ti sei dovuto alzare molto presto, mentre gli altri attorno a te giocano a carte o discutono di sport e del capo ufficio che non capisce niente come se tu non stessi dormendo, ma poi ti svegliano alla stazione giusta. Il treno dove si parla di esami e di mutui, di figli appena nati che hanno il nome dei tuoi genitori, di concorsi con scarse speranze, di domeniche in spiaggia a pochi soldi e sempre affollate, di nuovi amori e recenti delusioni.  E forse li avrò visti e incontrati i morti e i feriti di ieri; forse avrò sentito qualche frammento di loro conversazione, avrò sorriso della battuta di qualcuno, avrò guardato male il ragazzo che ha detto una frase a voce troppo alta mentre sonnecchiavo. Certo avrò parlato qualche volta con il dirigente della Polizia di Stato che tornava dalle ferie ed è morto nell’incidente. Ma quei visi li conosco comunque, sono i visi della mia gente, della vita ordinaria di tanti, e mia. Il pendolare sa. Sa tante cose.Vive tante situazioni. Impara la sottile arte della sopravvivenza ferroviaria. Per questo il dolore è grande, per il disastro ferroviario di ieri. È accaduto qui. Vicino a casa mia. Insieme alle persone capisci che muore una parte della tua speranza di garantire a tutti, e soprattutto a chi ha più necessità e meno possibilità, non solo uguaglianza ma anche servizi decenti e sicurezza massima.  Restano la sofferenza e la rabbia. Per questi poveri morti. Per i feriti. Per tutti coloro che all’improvviso sono stati catapultati in un vortice inarrestabile di sofferenza. E chiedo, insieme a Palma Guida, presidente dell’Unitalsi pugliese, a tutti i soci, a noi che sappiamo quanto sofferenza circola nel mondo, di conservare l’indignazione per quanto accaduto e accade e di non dimenticare che la prima 'fatalità' a cui dobbiamo opporci è l’abitudine a sentirci estranei a ciò che succede nel nostro Paese. Perché la colpa non è mai sempre solo degli altri ma anche di chi decide di essere sempre e solo spettatore disincantato e assuefatto. *Presidente nazionale Unitalsi