Opinioni

Un avatar eterno non ci può dare il nostro vero essere. Il sito che promette (deludente) immortalità

Mauro Cozzoli lunedì 21 settembre 2015
​«Ecco “Eter9”, il social che promette l’immortalità digitale. Impara personalità e crea profilo-specchio che posterà in eterno». Il “lieto annuncio” viene dall’omonimo sito Internet, postato dal programmatore portoghese Henrique Jorge e rilanciato dai media. Il nome è la combinazione di “Eter” (le prime quattro lettere della parola “Eternity”) e “9” (dall’aforisma “Cloud 9”, equivalente all’italiano “Settimo cielo”), per dire uno stato di piena felicità. È data infatti la possibilità di realizzare il desiderio più grande dell’essere umano: diventare eterno, immortale. «Vieni – leggiamo sul portale del sito – sfida l’impossibile e diventi eterno». Aderire peraltro non costa niente, non comporta alcun impegno economico e neanche morale: «Entra in questo nuovo mondo! Iscriviti adesso. È gratuito per l’eternità!». Il richiamo è accattivante, parla il linguaggio antropologico dell’attesa e della speranza, e teologico della trascendenza e della vita eterna. Tocca le corde più profonde dell’animo umano, le corde della vita, della sua aspirazione al tutto e al per-sempre. In rapporto a cui si propone come promessa di effettiva possibilità: «Eter9 – ci vien detto – è un luogo di valore aggiunto, di attraenti promesse, in grado di convertire gli utenti in esseri eterni. Esso attenuerà la consapevolezza della caducità della vita. Questo network consente a un essere umano di conseguire l’immortalità nel cyberspazio».Come funziona? Eter9 scandaglia la nostra attività “social” (tutto quello che facciamo in rete), imparando così la nostra personalità e creando man mano un profilo-specchio di ciascuno – una controparte, un alter-ego – il quale può postare per noi (rispondere, scegliere, approvare/disapprovare, immettere nuovi dati) quando siamo fuori connessione (ora, in vita), e quando non saremo più (domani, post mortem). Aderendo, si entra in «un mondo che non dorme mai (never sleeps), dove si può intervenire e interagire senza fine, raggiungendo l’eternità nel cyberspazio». È l’eternità del sempre online.La notizia dell’immortalità digitale che arriva dal web provoca il pensiero. Per un verso, mette a nudo l’insopprimibile apertura all’eterno dell’animo umano, l’irriducibilità dell’essere all’“esserci”, al “qui e ora” dell’esistenza: è l’inquietum cor di Agostino. Malgrado tutti i processi di secolarizzazione e immanentizzazione in atto, la questione dell’Oltre è tutt’altro che dissolta e rimossa. Se ne fanno carico i moderni intercettori e risponditori “social” alle domande di trascendenza dell’umano. Per altro verso, la notizia fa trasparire la pochezza della risposta. Questa è credibile a condizione che non sia l’eternizzazione di qualcosa, come un’iperconnessione, un online senza fine o un highland della rete, ma l’eternità dell’essere. E soprattutto che sia salvaguardato il valore personale dell’individuo, e non dissolto in uno specchio, una controparte, un alter-ego di natura avatar o virtuale, che non sono io, ma una proiezione tecnologica di me, della mia personalità. Che non è neppure la mia anima, perché non tiene conto di ciò che fa di me, come di ogni individuo umano, un essere incommensurabile e incalcolabile. Questa è la libertà, scandita dal pensare e dal volere, irriducibili a ogni proiezione ed elaborazione tecnologica, anche alle più sofisticate che i programmatori possono fornire oggi o promettere per il domani.La questione dell’Oltre è reale. Ma la soluzione digitale è riduttiva e distorsiva dell’essere e del dover-essere umano. Un Oltre a misura dell’uomo e delle sue attese non può essere dischiuso da niente e da nessuno che non sia l’Assolutamente Altro.