Opinioni

Tsipras e Grecia, agenda pesante e segnata. Il salato prezzo della vittoria

Giorgio Ferrari martedì 22 settembre 2015
Con oltre il 35% dei consensi pari a 145 deputati e 7 punti di scarto sul diretto rivale Evangelos Meimarakis di Nea Demokratia, ferma al 28,6%, Alexis Tsipras ha vinto ancora e grazie ai nazionalisti di Panos Kammenos (i Greci indipendenti di Anel, che superano la barriera del 3% e guadagnano 10 seggi) può contare ora su una rassicurante maggioranza che prenderà corpo oggi stesso, dopo il giuramento del nuovo governo nelle mani del presidente della Repubblica greca Prokopis Pavlopoulos. E da domani si troverà ad affrontare i serissimi impegni che il terzo memorandum impone alla Grecia.Contro le previsioni della vigilia, che assegnavano a Syriza un testa a testa con i moderati di centrodestra (ennesima conferma, ove mai ve ne fosse bisogno, dell’ormai imbarazzante inefficacia dei sondaggi preelettorali), il voto di domenica sancisce essenzialmente tre cose. La prima è la forte astensione: solo il 55% degli elettori si è recato al voto, percentuale forse la più bassa di sempre, tanto che dopo un anno e mezzo di ribaltoni, chiamate alle urne, referendum e scarsi risultati economici quasi metà degli elettori greci ha preferito rimanere a casa e il primo vero partito del Paese è, di fatto, quello della disillusione e del disincanto nei confronti della politica. La seconda novità è la scomparsa dell’area scissionista di Syriza e il fallimento dei fuoriusciti radunati sotto la sigla di Unità Popolare (la stessa per cui si era pubblicamente speso l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, egli stesso seppellito sotto le macerie di un’utopia irrealizzabile, che l’ex compagno Tsipras ha liquidato con un: «Chi di scissione ferisce...»): i dissidenti non sono stati ammessi in Parlamento in quanto non hanno superato la soglia di sbarramento del 3%. Terza considerazione, l’impennata di consensi di Alba Dorata, la formazione xenofoba di intonazione neonazista che si pone direttamente alle spalle di Syriza e di Nea Demokratia con un 7% di consensi guadagnato paradossalmente 'sul campo', ovvero come reazione emotiva – soprattutto nei collegi delle tante isole egee – alla forte e ininterrotta ondata migratoria che ha messo in crisi strutture e capacità di accoglienza della Grecia.  Tuttavia, anche se a conti fatti soltanto il 19% degli aventi diritto ha votato per Syriza, i greci riconfermano in qualche modo la loro fiducia nelle capacità di un leader che nello spazio di neppure un anno è riuscito a toccare quasi tutte le sfumature del repertorio di un politico di razza, dal populismo che infiamma le piazze alla misurata saggezza dello statista, dall’astuzia del giocatore di poker al tavolo dei negoziati con l’Unione Europea e il Fondo monetario internazionale fino all’esibita ingenuità giovanilista del militante alternativo e radicale, che gli ha consentito di portare per la prima volta al potere in Europa una formazione di sinistra. Un paio di mesi fa, all’indomani della plebiscitaria vittoria nel referendum contro l’austerity, avevamo azzardato una congettura, immaginando che sotto la maschera del rivoluzionario che aveva incantato i giovani, i delusi, i rancorosi, le migliaia di greci flagellati dal rigorismo spietato e un po’ moralistico dei Paesi nordici e (in parte) dell’Est, dalla gelosia di coloro che i compiti a casa li avevano fatti con dolore e con tenacia, si celasse, in realtà, un leader più moderato che fra qualche anno, ripensando alle origini, sarebbe forse apparso irriconoscibile.Congettura che riproponiamo, perché se il mandato per formare il nuovo governo sarà una pura formalità, non altrettanto lo sarà la road map che aspetta il giovane premier per assicurare al Paese gli 86 miliardi di crediti promessi dal terzo memorandum. Ora al vincitore delle elezioni toccherà riscrivere la legge sugli agricoltori, mettere mano al sistema pensionistico, ritoccare le pericolanti colonne su cui si è retto per decenni un welfare occulto fatto di piccoli e invisibili privilegi, non di rado condito da un lassismo fiscale quasi unico nel mondo civilizzato e un’abbondante dose di corruzione diffusa a tutti i livelli. Adesso che Alexis Tsipras ha smesso di essere il guascone avventurista e un po’ dilettante della prima ora, cominciano i problemi veri.