Opinioni

Il direttore risponde. A proposito del popolo di Gesù e della "simpatia" dei cristiani

Marco Tarquinio lunedì 29 dicembre 2014
Gentile direttore,ho letto un breve articolo di “Avvenire” (online e sul giornale del 23 dicembre scorso) a proposito delle dichiarazioni di Abu Mazen relative alla situazione dei cristiani in Medio Oriente. Mi conforta il fatto che il presidente dell’Anp condanni lo sradicamento delle comunità cristiane siriane e irachene perpetrato dai vari gruppi terroristici con crimini infami. Apprezzo assai meno che questo uomo politico colga l’occasione in funzione antisraeliana, almeno indirettamente suggerendo un parallelo che storicamente non calza affatto, sia perché il dramma dei profughi palestinesi nasce da una guerra cui il neonato Stato di Israele fu costretto, nel 1948, per sopravvivere all’invasione di cinque eserciti arabi; sia perché, grazie al Cielo, Israele non assomiglia per nulla allo “Stato Islamico” e simili. Ma, soprattutto, mi disturba che il presidente dell’Anp continui a parlare di Gesù come di un «messaggero palestinese». Trovo grave il persistente tentativo di “deebraizzare” (mi scuso del neologismo) Nostro Signore Gesù Cristo: il Quale, se avesse voluto, avrebbe certamente potuto scegliersi una Madre araba, o greca, o cinese, ma è nato ebreo, Figlio di Madre ebrea, Figlio di Israele.  Ricordo che cominciò Arafat, molti anni fa, facendo di san Pietro Apostolo un “palestinese”: e, dal contesto, si capiva benissimo che non intendeva un ebreo nato in Terra Santa (che, se ben ricordo, i Romani chiamarono Palaestina solo dopo la rivolta di Bar Kokhbà al tempo di Adriano: monete celebrative della vittoria romana del 70 d.C. parlano di Iudaea [o Iudea] capta»), bensì un antenato degli arabi palestinesi odierni... Possiamo lasciare che l’identità del Signore e dei suoi primi seguaci sia alterata e sfruttata per accattivare le simpatie dei cristiani a una causa politica? Con i più cordiali saluti ed auguri di buon Natale, Annalisa FerramoscaOgnuno risponde di ciò che dice e di ciò che fa, nel bene e nel male. Lei, cara signora Ferramosca, è un avvocato e avrà sperimentato in più occasioni che affermazioni senza fondamento non reggono a lungo e non sono neppure una sensata propaganda. Anche se vengono dalla bocca di un autorevole leader. Che Gesù Cristo sia ebreo è una realtà che non può essere mistificata. Che Gesù Cristo non sia proprietà di nessun popolo e non sia confinabile in nessun “regno” di questo mondo è altrettanto fuor di dubbio.Quanto ai modi per accattivarsi la «simpatia dei cristiani» – in terra israeliana così come in terra palestinese e in ogni dove – c’è un solo modo: rinunciare a progetti d’odio e di distruzione e lavorare per far cadere ogni muro, perché uomini e donne, famiglie e comunità possano vivere nella pace, nella libertà e nella giustizia. Sia sul piano civile sia sul piano religioso. È molto, e a qualcuno – qui e ora – potrà sembrare persino troppo, ma non possiamo fare a meno di volerlo con onestà e tutta la determinazione necessaria.