Opinioni

Il mondo dovrà pure intendere che l'errore compreso e corretto è prova di maturità

Marco Tarquinio giovedì 21 aprile 2022

Caro direttore,
ho letto e riletto il suo articolo del 15 marzo 2022, così come i commenti di lettori che ne sono seguiti. Le sue scuse, per un’immagine inappropriata pubblicata in una pagina interna di “Avvenire”, sono un atto di coraggio e di umiltà. Il caso ha voluto che avessi da poco seguito un documentario della Bbc sul poeta irlandese Seamus Heaney. Tra le immagini del suo pellegrinaggio terreno, non potevano mancare quelle sui “ Troubles” – (letteralmente: i guai) come viene chiamato il periodo del conflitto 1968-98 in Irlanda del Nord. Nelle scene di sangue e terrore, la più straziante per me fu quella di bambini, forse in età d’asilo, che sorridenti e felici lanciavano pietre ai soldati inglesi. E sento la necessità di rimembrare l’orgoglio e baldanza che provai, forse lo stesso sentimento dei bimbi nordirlandesi di ieri e della bambina ucraina di oggi, quando, nella preparazione per la Cresima (allora sugli 8-9 anni) il parroco ci diceva (ai soli maschietti ovviamente), in perfetta buona fede : «Sarete Soldati di Cristo!» e sul libretto del Catechismo appariva l’immagine di bimbi come crociati, con la spada a forma di croce, appunto. Questo poco prima dell’inizio del Concilio Vaticano II. La Chiesa ha avuto il coraggio di cambiare per ritornare allo spirito dei Padri. Ma il mondo segue lo stesso cammino ove ammettere errori è una debolezza, non una prova di maturità. La Fede impone la Speranza che parole come le sue aiutino a far germogliare la Carità.

Livio Alchini Harpenden (UK)

P.S.: Seguo la tragedia ucraina anche sulla stampa anglosassone, francese e di lingua spagnola. Solo su “Avvenire” trovo una sensibilità che va oltre la notizia. Continuate per questa via.

Ho imparato, caro amico, che gli errori non compresi, non ammessi e non corretti offuscano la vista e, in diversi modi, gonfiano le vene della guerra. La soluzione migliore sarebbe non farne mai, di errori, ma come insegna l’antica saggezza popolare “chi non fa, non sbaglia”. L’importante è non insistere. E non pretendere di essere perfetti, ma riconoscere di esser debitori (e assetati) di verità. Forse la maturità, umana e cristiana, è in questa consapevolezza. Grazie per ciò che dice del lavoro che svolgiamo nel concerto della stampa occidentale: è – mi creda – uno sprone davvero importante.