Opinioni

Un'idea per l'area. Il dopo-Expo? La casa delle città

Alberto Mattioli sabato 7 novembre 2015
Expo ha contribuito, in modo anche inatteso, a restituire l’Italia agli italiani e Milano alla sua vocazione internazionale. Abbiamo riscoperto la bellezza del Paese, della nostra storia e la consapevolezza dei nostri talenti. Abituati a convivere con la bellezza abbagliante che ci circonda, facciamo fatica a vederla e apprezzarla. Così come stentiamo a renderci conto che le nostre tradizioni, culture e capacità unite agli sviluppi tecnologici sono “chiavi” di accesso e successo per il futuro. Con l’Expo abbiano capito che siamo e possiamo essere ancora e sempre un Paese attrattivo. Abbiamo persino scoperto che sappiamo stare disciplinatamente in coda per ore, rompendo così lo stereotipo dell’italiano furbetto. Le recenti polemiche sulle code per l’accesso sono il paradosso di un eccesso di successo.  Tradizioni, ingegno, dedizione e opere costituiscono le qualità virtuose dell’homo faber e sapiens italico. Il nostro principale bene, quindi, è il capitale umano il cui valore non viene quantificato nei bilanci, ma che è primario fattore di sviluppo. Strano, i princìpi contabili misurano tutto tranne questo valore, forse bisognerebbe inventare un apposito rating. Expo è stato un successo planetario. Prova ne è anche l’incremento di studenti stranieri nelle nostre università. Se siamo più consapevoli, diligenti, ordinati e uniti ce la possiamo fare. È stato anche un messaggio di “pace” forte al mondo, che conviene perché fa stare tutti meglio. Ora però il tema è: come valorizzare l’area dove l’evento si è sviluppato affinché non si disperda l’esperienza? La capacità di risposta misurerà il ruolo dell’ancora neonata Città Metropolitana. L’obiettivo del cibo per tutti è la finalizzazione della sfida del secolo, che è un nuovo modello di sviluppo sostenibile. Questo progetto ecologico, di equità e giustizia umana si gioca in primis nelle grandi aree urbane. Quindi perché non immaginare che parte dell’area possa esser destinata a un “Centro internazionale per lo sviluppo sostenibile delle grandi metropoli”? Lo studio di nuovi modelli urbani è multidisciplinare e comporta un’altissima qualità di ricerca umanistica, tecnica e scientifica. L’innovazione per una maggiore eco-equa vivibilità delle comunità coinvolge tutti i soggetti istituzionali, economici e sociali nonché tutte le arti e le scienze. Sarebbe importante realizzare una Casa internazionale dei Comuni che mantenga vivo il rapporto con le città che hanno sottoscritto la Carta di Milano. Insomma essere (e stare) molto meglio dipende da noi. E questa consapevolezza è virtù e forza.