Opinioni

Auspicabile ripensare la norma. Il diritto alla salute non ammette disparità

Carlo Cardia sabato 7 febbraio 2009
È necessario dire che quanto avvenuto l’altro giorno al Senato è un fatto grave e ingiusto. Un minimo di saggezza e umanità chiederebbe il mantenimento della norma, contenuta nel Testo Unico sull’immigrazione, che esonera i medici dal denunciare gli immigrati clandestini che ricorrono alle loro cure. Sono in gioco i diritti umani fondamentali alla vita e alla salute che devono essere eguali per tutti, è in gioco quel tratto cristiano e umanistico della società che non dobbiamo mai perdere, se non vogliamo regredire civilmente. Prevedere, in qualche modo, la possibilità di denuncia degli immigrati irregolari può provocare rischi che bisogna conoscere. Come primo effetto, può spingere gli immigrati a non ricorrere alle cure sanitarie, anche quando sono necessarie per malattie serie, per curare i propri figli, in qualche caso quando è in discussione la vita. Già questa possibile conseguenza fa capire che potremmo approvare una legge crudele, senza alcun motivo che non sia quello di discriminare una categoria di uomini e donne, che prima di essere immigrati sono persone. Cosa accadrebbe per le donne che hanno bisogno di assistenza per la maternità, o per la malattia dei propri bambini e temono la denuncia del medico? Il principio di eguaglianza nel riconoscimento dei diritti umani, sancito a livello internazionale e dalla nostra Costituzione, verrebbe violato in modo palese, e dovrebbe bastare questo elemento per spingere il Parlamento a cancellare l’errore compiuto. Un ulteriore effetto può essere quello di spingere gli immigrati a cercare surrogato all’assistenza medica ricorrendo a persone che non hanno competenze, con possibili danni aggiuntivi a quelli che già patiscono. Neanche è da sottovalutare il rischio che si apra la strada a striscianti forme di ricatto di cui le prime vittime sarebbero i più deboli, perché non hanno forza per resistervi. C’è poi da considerare il pericolo di mortificare l’esercizio della professione sanitaria, e far degradare il rapporto tra l’immigrato-paziente e il medico. Il sanitario, dispensatore di cure, terapie e consigli per la salute, si sentirebbe autorizzato a compiere atti che non sono i suoi, come quello di denunciare persone che attendono da lui aiuto e sostegno, non ostacoli o rischi. L’immigrato guarderebbe al medico con diffidenza, vedendovi più un potenziale nemico che non la persona di fiducia per la cura di sé e dei propri familiari. Giustamente, moltissimi medici hanno annunciato di non volersi piegare a pratiche contrarie alla deontologia, che ledono in certa maniera la loro professione e dignità, aprono la strada a contenziosi e conflitti di coscienza. Si è pensato a tutto questo, quando si è approvata la cancellazione di una norma che esiste ovunque si cerca di conciliare la sicurezza con la solidarietà elementare che si deve a tutti? In realtà, forse, si è guardato più ad equilibri politici, e governativi, senza pesare bene le conseguenze di una norma che coinvolge centinaia di migliaia di persone che hanno diritto alla tutela sanitaria come chiunque altro. Ma adesso è venuto il momento di una riflessione attenta, perché la legge non sia produttiva di danno, non accentui le difficoltà in un mondo che già ne ha abbastanza. Infine, questo episodio – speriamo non concluso – ripropone il grande tema dell’immigrazione, e dell’ottica complessiva con la quale viene affrontato negli ultimi tempi. Chiunque vede che si sta accantonando ogni vero progetto di integrazione, che la logica della sicurezza prevale sul resto, e che si procede con punture di spillo, con norme ingiuste (ce ne sono altre nel Decreto approvato al Senato), o con bordate pesanti (come quella sulla sanità) che hanno tratti di disumanità, favorendo così una mentalità ostile verso chi deve agire e deve essere trattato nel rispetto delle leggi ma con equità e umanità. Scelte normative così miopi e poco lungimiranti come quelle che si stanno compiendo sull’immigrazione non le meritano gli immigrati, non sono coerenti con il nostro ordinamento. Nel governo e ai suoi vertici ci sono persone sagge e particolarmente equilibrate, che altre volte hanno saputo cogliere e comprendere in anticipo i rischi di scelte e norme sbagliate, ed hanno saputo apportare i necessari cambiamenti con intelligenza e senza perdere il consenso, anzi l’hanno visto crescere. Questa è una occasione importante che mette alla prova saggezza e responsabilità di tutti; e se ben risolta può evitare che si aprano conflitti su una questione delicata della politica nazionale che riguarda persone in carne e ossa, uomini, donne e bambini, che la società italiana deve trattare con giustizia, in sintonia con la nostra tradizione civile e cristiana.