Opinioni

Il direttore risponde. Lavoro domestico e immigrazione, c'è spazio per relazioni più umane

martedì 12 agosto 2014
Gentile direttore,avendo superato i 70 anni e vivendo in una casa abbastanza grande, ho accolto una ragazza madre (quarantenne d’oltreoceano), con il suo bambino, con contratto di lavoro domestico, 25 ore settimanali, vitto e alloggio per entrambi. La normativa non prevede sconti sulla paga oraria né sui contributi assicurativi, pertanto chi non ha un buon patrimonio ove attingere, con il solo reddito da pensione (categoria impiegati/insegnanti), che in media non raggiunge i 1.500 euro mensili non riesce a coprire le spese ordinarie (stipendio mensile intorno a 750 euro, contributi trimestrali intorno a 350 euro più i consumi alimentari, igienici e altro, triplicati). Anche se molti in teoria potrebbero fare una scelta di tal genere, giudicata come un gesto socialmente meritevole (accoglienza, lavoro, socializzazione delle culture e degli stili di vita, sostegno a chi vive in difficoltà o è solo e quant’altro scaturisce da una vicinanza del genere), di fatto, a pochi è consentito di sostenere un peso economico di tale entità. Ritengo che se si prevedessero delle agevolazioni sulle ore o sulla paga, sulle contribuzioni obbligatorie, forse molti farebbero una tale scelta e non sarebbero più soli; non andrebbero nelle case di riposo, con costi più onerosi per la pubblica amministrazione, altri non sarebbero disoccupati... Penso al lavoro nero e alle varie forme di evasione, perché si sa, che è molto più facile sottoscrivere un contratto in forma legalmente ineccepibile e accordarsi in compromessi che ledono sia il lavoratore che il datore di lavoro. Sarebbe cosa difficile da fare?Un’assistente sociale in pensione
C’è saggezza (e competenza) nella sua proposta, gentile signora. E assecondo per questo la sua richiesta di firmare solo con la sua qualifica questa lettera che è abitata da un’idea forte di solidarietà e da sicura buona fede. So quali possono essere le preoccupazioni per un’impostazione delle collaborazioni familiari secondo lo schema da lei delineato e so quali potrebbero essere le “furbizie” di alcuni datori di lavoro, ma so anche che oggi sarebbe utile e domani sarà necessario creare con ragionevolezza, almeno nell’ambito domestico, spazi per relazioni non-solo-lavorative e, dunque, più “umane” e sostenibili. Diciamo che la sua lettera può aiutare una riflessione più ampia.