Opinioni

Il goleador del Leicester non se ne andrà. Il coraggio di Vardy

Riccardo Maccioni venerdì 24 giugno 2016
D'accordo, la favola è un po’ di plastica. Mancano la principessa da salvare. E il drago cattivo. E il povero dall’animo impavido che sfida il prepotente malvagio. Però il principe c’è. Ha l’aria dinoccolata e il fisico sigaligno, corre a scatti, si veste maluccio e tra una partita e l’altra mastica tabacco e non disdegna la birra. Non proprio le doti che riempiono i sogni, neanche quelli a occhi aperti, però al popolo del Leicester va bene così. Perché per loro, per i tifosi delle foxes, della piccola squadra guidata da Claudio Ranieri, campione d’Inghilterra per la prima volta, e chissà se succederà ancora, Jamie Vardy è molto più di un calciatore. È il lieto fine di un giallo mozzafiato, è la provincia che sconfigge la metropoli, è il volto della parola 'gratitudine' è, da ieri, il campione che ha preferito il pub all’hotel di lusso, il cuore al portafogli, l’amore di un piccolo stadio alle sterline londinesi del grande Arsenal. La notizia, asciutta e stringata, ha fatto la sua comparsa in mattinata sul sito del Leicester. Jamie Vardy, classe 1987, 24 gol in 35 partite nella stagione appena trascorsa, ha rinnovato il contratto che lo lega ai vincitori della 'Premier' per altri quattro anni. Nessun riferimento allo stipendio, che pure sarà ricco, né ad altri dettagli dell’accordo. Semplicemente l’ex operaio, quello che segna da posizioni impossibili, il centravanti con il braccialetto elettronico perché in libertà vigilata, 'resta a casa'. Come tutti, tranne i tifosi dell’Arsenal, speravano, la favola (di cui su queste colonne ha scritto anche Mario Berruto nella sua rubrica), può continuare. E, anzi, i tifosi del Leicester ora puntano a raddoppiare e, perché no? a triplicare. Sognano un contagio virtuoso, sperano che sulle orme di Vardy, continuino nel Leicester anche Mahrez e Kanté, gli altri due campioni dell’ultima cavalcata trionfale. Senza paura di un brusco risveglio o di vedere la festa trasformata in rimpianto, l’amicizia in ripicca, l’allegria in delusione. Perché la scelta di Vardy insegna che la riconoscenza esiste anche nel mondo dei ricchi, che c’è sempre bisogno di un po’ di magia, che un calciatore, che un principe del pallone, non lo riconosci tanto dai titoli in bacheca, ma dal coraggio. Che la vita, persino in provincia, può essere scritta con lo stesso inchiostro delle favole.