Opinioni

Il caso Segre. Al rispetto della memoria non servono bandierine

Eugenio Mazzarella venerdì 15 novembre 2019

Smettete, per favore, di proporre la senatrice Liliana Segre come prossima Presidente della Repubblica. È un’offesa all’intelligenza, degli italiani e innanzi tutto all’intelligenza della signora Segre, che già sperimenta alla sua età lo sconcerto – che disonora questo Paese – di dover vivere sotto scorta; e questo per la sola "colpa" di ricordarci, con la sua stessa esistenza, l’innominabile della tragica storia del Novecento europeo.

È al regime della logica intuitiva che appartiene l’ovvietà che il/la Presidente della Repubblica debba essere persona di grande autorevolezza e capacità politica. Lo prevede il buon senso per i compiti che la Costituzione assegna. E lo prevedono tanto più gli scenari da far tremare le vene ai polsi della crisi delle istituzioni di questo Paese e del quadro europeo in cui è inserito, squassato da populismi sovranisti che niente di buono promettono alle nuove generazioni. Immemori dei settant’anni di pace che nel bene e nel male la costruzione europea ha loro garantito. Sul fondamento di valori – libertà, dignità umana, rigetto della barbarie dei totalitarismi e dei nazionalismi guerrafondai, e di ogni fomite di violenza – in cui due generazioni di europei hanno vissuto senza sapere quel che c’era prima. E che la testimonianza di Liliana Segre ci ricorda nel modo più nobile, mentre non pochi hanno perso la consapevolezza che la storia è magistero, del bene che è custodito e del male, cui va impedito di tornare. Di tutto ciò la signora Segre è un Magistero vivente.

Ma proprio il rispetto che dobbiamo a questa testimonianza, e a questo magistero della memoria, ci impone di non portare il cervello all’ammasso del politicamente corretto, che già tanti danni ha fatto anche quando è stato animato dalle migliori intenzioni. Immaginare di trasformare la Presidenza della Repubblica nell’ennesima bandierina simbolica è quanto di peggio si possa fare per smontare quel poco che resta delle istituzioni repubblicane. Far traslocare dal Quirinale, quella funzione di garanzia e tutela della Costituzione, e di "motore di riserva" previsto dalla Carta, quando la patologia politica vede entrare in crisi – e negli ultimi decenni ne sappiamo qualcosa – il motore principale (Governo e Parlamento) dell’ordinamento repubblicano, riducendo la massima delle nostre magistrature a simbolo, sarebbe esiziale.

Penso non si debba aggiungere altro sulla narrazione "presidenziale" che sta prendendo piede. Evitiamo di creare simboli per continuare a non risolvere i problemi che quei simboli propongono alla nostra responsabilità civile e politica. Credo che la prima a essere d’accordo con questa nota sarà la Senatrice, per la quale altro sentimento non possiamo provare che la devozione per la sua stessa presenza nella barbarie di questi tempi.