Opinioni

Pakistan. Per Asia Bibi l’ora della verità

Fulvio Scaglione lunedì 17 marzo 2014
Quattro anni d’isolamento per lei nel penitenziario femminile di Sheikupura, nel Punjab pakistano. Una serie di morti illustri, tra cui il governatore del Punjab stesso, Salman Taseer, musulmano, assassinato nel gennaio 2011 proprio perché si era preso a cuore il caso, e il ministro per le minoranze religiose Shabhaz Bhatti, cristiano, ucciso nel marzo del medesimo anno dagli stessi gruppi dell’estremismo islamico. La mobilitazione della Chiesa cattolica del Pakistan. Una campagna internazionale partita con l’immediato appello di Benedetto XVI, il 16 novembre 2010, affinché all’imputata fosse restituita «la piena libertà».Dopo tutto questo, i giudici della Corte d’appello hanno finalmente deciso di esaminare, a partire da domani, il ricorso contro la condanna a morte, emessa l’11 novembre 2010, di Asia Bibi, la donna cristiana madre di cinque figli che dovrebbe perdere la vita in base al famigerato «delitto di blasfemìa» previsto dal Codice penale del Pakistan. La colpa specifica di Asia Bibi sarebbe di «aver insultato Maometto» durante uno screzio con donne musulmane offese per il fatto che lei, cristiana, aveva osato bere a un pozzo di proprietà di un musulmano, infettando ai loro occhi l’acqua. Ma come tutte le condanne emesse in base a quella legge odiosa, anche questa è una farsa: nei tribunali pakistani non occorre alcuna vera prova per essere condannati, solo la "testimonianza" di un musulmano. Al resto pensano i giudici, inclini a infierire su una minoranza indifesa come quella cristiana (4 milioni su 180 milioni di pakistani) e minuscola (un milione) come quella cattolica.Comunque sia, da domani l’Alta Corte del Punjab, con sede a Lahore, rivedrà il caso. È una vittoria o una sconfitta? Asia Bibi, come essere umano che ha diritto alla libertà e alla giustizia, ha perso comunque. Se fosse confermata la condanna, perderebbe la vita per una persecuzione religiosa, e diverrebbe uno dei centomila cristiani che ogni anno sono uccisi nel mondo per la fede. Un dramma grande dentro un dramma enorme. Se fosse invece scagionata, la sua vita in Pakistan sarebbe comunque finita: dovrebbe scappare lontano, perché i musulmani fanatici gliela farebbero pagare. Già oggi non può partecipare alle udienze per "ragioni di sicurezza", figuriamoci domani, più sola e più inerme di prima.Bisogna dunque sperare che la condanna a morte venga revocata per amore del principio e per le Asia Bibi del futuro, per i cristiani che potrebbero subire un oltraggio analogo. Solo un anno e mezzo fa Rifta Masih, 11 anni, cristiana, affetta da sindrome di Down, fu fatta arrestare dalle donne del suo villaggio che sostenevano di averla vista bruciare pagine del Corano. Proprio il carattere di precedente che la sentenza finirà comunque per avere può complicare le cose. Inevitabili le connessioni con la politica, in particolare con la trattativa che il governo pakistano ha avviato con i talebani che da anni colpiscono quasi indisturbati. L’attuale leader talebano, Mullah Fazlullah, è succeduto a Hakimullah Mehsud eliminato dai droni dell’aviazione Usa, ed è colui che ordinò l’uccisione di Malala Yousafzai, la ragazza che voleva solo andare a scuola e che poi, scampata per miracolo all’esecuzione, ha commosso il mondo con l’appassionata difesa del diritto all’istruzione.Non stupisce quindi che Fazlullah abbia posto come condizioni per una tregua l’interruzione delle operazioni militari americane sul confine tra Pakistan e Afghanistan e l’applicazione della shari’a (la legge islamica) in Pakistan. Il governo non può accettarle mentre sa che l’eventuale liberazione di Asia Bibi sarebbe di certo sfruttata dai talebani per infiammare le frange più estremiste della popolazione musulmana.