Opinioni

Il direttore risponde. I preti, la strada, il bene nascosto

Marco Tarquinio lunedì 12 novembre 2012
Gentile direttore,
sono la mamma di un novello diacono che l’anno prossimo sarà ordinato sacerdote. Io e mio marito abbiamo accettato con gioia la vocazione di nostro figlio (unico) perché la riteniamo una grande grazia che il Signore ha voluto concederci. Prego ogni giorno perché la felicità e l’entusiasmo che traspaiono ora dai suoi occhi non si spengano mai e possano sostenerlo in ogni momento del suo ministero. Prego perché possa diventare un bravo sacerdote aperto e attento ai bisogni spirituali e materiali delle persone, soprattutto dei più deboli. Spero e prego però che la sua sia sempre una carità nella verità. Ogni tanto mi sorge un dubbio: mio figlio riuscirà a trovare il suo posto in questa Chiesa da molti dileggiata, rappresentata come se fosse divisa in due? Da una parte la Chiesa gerarchica molto disprezzata, che sembra non faccia nulla, che viva nell’oro e si disinteressi dei problemi della gente, al punto che da alcuni il Santo Padre viene chiamato "sovrano assoluto". Dall’altra parte la Chiesa delle comunità, dei preti in trincea, alcuni spesso invitati nei salotti televisivi, molto ammirata e amata anche da tanti non credenti. E i preti diocesani, quelli che stanno nelle parrocchie “normali” e che lavorano in silenzio, dove li collochiamo? La gente sa che in molte diocesi i vescovi hanno costituito un “Fondo di solidarietà per le famiglie” in difficoltà per la perdita del lavoro? Se non sei un prete di strada, se non hai fondato una comunità, non sei un buon prete? Questa mentalità è molto diffusa, ma io mi rifiuto di accettarla. La saluto cordialmente
Alma Boriani, Lodi
Non è affatto l’unica, cara signora Alma, a non accettare una «mentalità» dispregiativa e anticlericale che si nutre di luoghi comuni radicalmente, e anche aspramente, anticattolici. Chi vive e conosce davvero la Chiesa è largamente vaccinato, e riesce ad affrontare certe distorsioni e certe polemiche con serenità e forza. In effetti, però, il “martellamento”, soprattutto quello proveniente da alcune ben note tribune mediatiche, è – per quanto superficiale – quasi ossessivo e finisce per lasciare il segno anche tra i credenti. Più ancora degli slogan malevoli pesa tuttavia – e lei lo coglie bene – la cortina di silenzio che buona parte del circo informativo fa calare sulla generosa quotidianità dei sacerdoti che lavorano lontano da ogni tipo di riflettori, sulla vita buona di quelle che lei chiama le «parrocchie normali». Pesa un incomprensibile fastidio, che si traduce spesso in altezzosa disistima, per l’ordinaria (eppure così straordinaria) tenacia con la quale gli uomini e le donne della nostra Chiesa in quest’Italia altrettanto nostra e ferita da crisi, indifferenza e criminalità (organizzata e finanziaria) continuano a fare bene e a sostenere chi è in difficoltà secondo la logica cristiana dell’assunzione di responsabilità, della solidarietà e del dono. Ma forse proprio questo disprezzo, questo ignorare o dir male, è il sigillo delle opere dei cristiani. Buone per Dio e per il mondo, ma per qualcuno insopportabili. Orientate strutturalmente al bene e al bene comune e, dunque, destinate a compiersi – come mi ha insegnato, da ragazzo, il vescovo della mia Assisi – soprattutto «nel nascondimento». Facendo il mestiere di cronista, ho però imparato che anche i fatti di bene sono tenaci e che, alla fine, hanno sempre ragione di volgarità, maldicenze e leggende nere. E poi, cara signora Alma, vorrei dirle che sono profondamente convinto che la sua preghiera cristiana di madre vale infinitamente più di qualsiasi chiacchiera cattiva. Per suo figlio – che, seguendo la vocazione, le sta diventando padre – e per ogni altro uomo consacrato al servizio di Dio e dei fratelli. Per questi nostri preti che non sono mai uomini tranquilli: sono uomini di pace senza pace. E se alcuni di loro vengono detti “di strada”, tutti – ma veramente tutti – lo sono nei fatti, svolgendo il loro ministero. Anzi sono ben di più: sono chiamati a “essere strada”, cioè riferimento ed esemplare percorso per chi crede, per chi cerca e – in modo spesso sorprendente – persino per chi non crede o crede di non aver bisogno di cercare. Seguono Colui che è «Via, Verità e Vita» fino a farsi Lui. Che più?