Opinioni

L’assassino di Chicca. Giustizia è fatta gli orchi ci sono ancora

Maurizio Patriciello mercoledì 11 luglio 2018

Dopo la condanna bis dello stupratore assassino di Chicca La Corte si ritira. Un uomo attende nervoso la sua sorte. Che ne sarà di lui? Che cosa decideranno i giudici? L’uomo è Raimondo Caputo, detto Titò, già condannato, in primo grado, per violenza carnale e assassinio di Fortuna Loffredo, la piccola Chicca di Caivano. È lunedì 9 luglio, le ore passano lente, estenuanti. L’ansia cresce. Fa caldo, tanta gente è già in vacanza, noi siamo qui, nel tribunale di Napoli aspettando che la Giustizia renda giustizia a una bambina di sei anni finita tra le grinfie di un pedofilo assassino.

Siamo in pochi, la mamma, il nonno, la zia, il parroco. Pochi anche i giornalisti. Per Chicca non c’è la ressa delle telecamere che abbiamo visto per i processi che in questi anni hanno fatto storia. Sarà la povertà in cui versa la famiglia, il quartiere; sarà perché questo delitto è uno schiaffo in pieno viso, non lo so. So solo che il vedere uomini creati a immagine di Dio tenuti in gabbia come gorilla feroci mi procura una grande tristezza. La sentenza arriva. Finalmente. A Raimondo Caputo viene confermato l’ergastolo. Si tira un respiro di sollievo. Giustizia è fatta, sussurra qualcuno.

E a me vengono le vertigini. Nei suoi settanta mesi di vita, Chicca ha sperimentato l’inferno. Sotto i nostri occhi. Ha imparato a subire e tacere; ad avere paura senza chiedere aiuto. A celare nel suo piccolo animo emozioni e dolori che avrebbero fatto scoppiare una donna matura. Fino a quel 24 giugno di quattro anni fa quando fu scaraventata dall’ottavo piano come una vecchia bambola di pezza. Nessuno vide, nessuno udì, nessuno seppe dire come andarono le cose.

Omertà, paura, ignoranza, reticenza si fusero in un terrificante intreccio. A gettare luce sull’accaduto furono i bambini. Ancora loro, i bambini, protagonisti nel bene e nel male. Le sorelline di Antonio Giglio, il piccolo di quattro anni caduto dallo stesso palazzo un anno prima, furono loro a indirizzare gli inquirenti sulla giusta pista. La loro mamma, Marianna Fabozzi, compagna di Raimondo Caputo, è stata a sua volta condannata a dieci anni di pena. Purtroppo, anche loro, le bambine sono state condannate. Non dalla giustizia ma dalla cattiveria, dal vizio, dalla sciatteria. Dal peccato.

Oggi vivono al sicuro lontano dalla famiglia. Preghiamo perché trovino quella serenità e quella pace cui hanno diritto tutti i bambini. Quanta sofferenza ha scatenato l’orribile reato, il terribile peccato di Raimondo Caputo. Quanti cuori sanguinanti ha lasciato in giro. Chicca è volata in cielo, ma per Mimma, la mamma e i fratellini la vita è tutta in salita. Come in salita è la vita di Marianna Fabozzi, di sua mamma, delle sue bambine.

Tiriamo ora un tristissimo respiro di sollievo. Per quanto umanamente possibile, giustizia è stata fatta. Oggi, però, non vogliamo che su questo dramma dalle dimensioni immani scenda il silenzio. Vogliamo che Chicca assurga a icona di tutti i bambini vittima dello scempio della pedofilia. Vogliamo che la sua morte atroce non sia vana, ma possa suscitare un moto di vergogna, di ribrezzo, di ribellione in tutti gli italiani di buona volontà. Domenica scorsa, don Fortunato Di Noto, il prete fondatore di Meter, l’associazione impegnata sul fronte della pedofilia e della pedopornografia ha scritto: «Dieci video pedopornografici denunciati da Meter in meno di 5 minuti. Dieci bambine violate e stuprate. Bambine naufragate nella violenza di mani adulte. Sono milioni e milioni di piccoli. Che dobbiamo fare?».

È evidente che scandalizzarsi, inorridire, maledire non basta, così come non basta correre in aiuto quando lo scempio è già avvenuto. Dobbiamo pretendere che tutti, a cominciare da chi ci governa, prendano atto della gravità inaudita della pedofilia e della pedopornografia e si diano da fare. Ognuno secondo le sue capacità, le sue possibilità, i suoi poteri. I suoi doveri. Dobbiamo pretendere leggi a tutela dei minori che siano più snelle, più veloci, più efficaci. Dobbiamo farci accanto ai Paesi poveri perché i bambini non vengano venduti ai viziosi ricchi alla stregua delle cose.

Dobbiamo fare in modo che di questi orribili misfatti si parli sempre di più, nelle parrocchie, nelle sinagoghe, nelle moschee, nei circoli culturali, nelle scuole. In tv, sui giornali. Dobbiamo impegnarci per promuovere una cultura che metta al centro la vita. Sempre, soprattutto quando è più fragile, più indifesa, più bella. Che metta al centro i bambini e il loro diritti di essere lasciati in pace. Chiedo che Fortuna Loffredo venga proclamata piccola martire della pedofilia.