Opinioni

Nel giorno dei morti. «Più forte della morte è l'amore»

Maurizio Patriciello venerdì 2 novembre 2018

"Più forte della morte è l’amore". Amore che continua a palpitare anche dopo la scomparsa della persona amata. Tra i vivi sulla terra e i vivi che hanno passato la frontiera, il dialogo muta, non si estingue. Ritroviamo coloro che amammo nella preghiera al Dio Vivente, che è Padre, Eternità, Amore. Egli è la Vita che da vita a ogni vita. In Lui il passato non è mai passato. Tutto è presente.

Un presente antico e sempre nuovo. Un presente che ha il sapore dell’eterno. Da quando, invisibili puntini, cominciammo a esistere nel grembo della mamma, ci siamo trasformati milioni di volte. Lentamente, gradualmente, incessantemente. L’ultima, grande, trasformazione sarà la morte. Allora il bruco diventerà farfalla. E inizierà a volare per i cieli infiniti, i tempi senza tempo.

La morte. Che cos'è la morte? Dramma? Dono? Ineluttabile destino? C’è chi la teme, chi la esorcizza, chi la implora. Chi desidera anticiparne il giorno, chi trema al solo sentirne pronunciare il nome. Vivere è bello. Vivere, però, non è un voler prolungare a tutti i costi il tempo, ma respirare forte il giorno che ci è dato. Chesterton: «L’istante solo è veramente terribile». Cogliere l’attimo fuggente innestandolo nel tronco dell’eternità. Desiderare, studiare, lavorare. Sognare. Pregare. Amare. Abbracciare il fratello che vedi e quello che non vedi. L’uomo contemporaneo e quello dei secoli passati. Leggere Dante, meditare Tommaso, pregare con Agostino, Francesco, Chiara. Amici. Vivi. Li ho incontrati tante volte, abbiamo trascorso tante ore insieme. Hanno risposto a tante mie domande.

E gli amici di oggi. Tra essi Lorenzo e Marzia. Credettero di impazzire dalla gioia quando nacque Antonio. Un bambino bellissimo che portò lo scompiglio in casa. Il padre, grande dormiglione, passava notti insonni a contemplare quel capolavoro sbucato dal niente. Estasiato da quel batuffolo vivente che cresceva beato. Marzia continuava a essere con lui una cosa sola, come quando lo portava in grembo. Tutto girava intorno al frugoletto. Genitori e figli. Un connubio difficile da spiegare. Un’alleanza stipulata senza previ accordi, senza clausole, senza porre condizioni. Un amore totale che scatta per incanto e ti cambia la vita. Quel figlio è tuo e non è tuo.

Il bambino divenne padrone del loro tempo, dei loro affanni, dei loro guadagni, delle loro emozioni. Li fece prigionieri nel più delizioso carcere del mondo, privo di recinzione, col tetto scoperchiato e le porte spalancate. Era lui a decidere se si poteva andare in ferie oppure no. Se si poteva dormire o era necessario rimanere svegli. Un colpo di tosse, un respiro affannoso, un decimo di febbre li metteva in agitazione. Una smorfia, un sorriso, un balbettio li faceva andare in giuggiole. Che cos'è l’amore? E chi saprebbe dirlo con esattezza? Ogni definizione rischierebbe di svilirne la vera essenza. È tutto ciò che senti, che credi, che sperimenti, più qualcosa che ti sfugge.

Un giorno Antonio accusò mal di testa, perse l’equilibrio, prese a zoppicare leggermente. Era l’inizio del calvario che avrebbe inchiodato in croce questa cara famiglia. L’oro dell’amore fu purificato nel fuoco del dolore. Il piccolo si ammalò di cancro. Un cancro strano, dicevano i medici, che colpisce gli anziani, quasi mai i bambini. Antonio, Marzia e Lorenzo si fusero in una cosa sola. Un solo corpo, una sola anima, un solo cuore trafitto, un solo desiderio. Ogni loro respiro divenne preghiera. La sofferenza degli innocenti strazia anche i cuori più induriti. Antonio volò via. Aveva nove anni appena.

Lorenzo e Marzia credettero di spegnersi con lui. I giorni si fecero pesanti, insopportabili. Antonio aveva portato con sé il loro cuore, la loro forza, la speranza, la voglia di lottare. Col tempo, lentamente, faticosamente, il dialogo riprese. Uno squarcio di luce fece capolino tra le tenebre. Marzia e Lorenzo riassaporarono la gioia nel donare gioia. Si resero disponibili nei reparti di oncologia infantile, accanto ai bambini ammalati e ai loro genitori smarriti. È dando che si riceve. Morendo che si risorge a vita eterna. Oggi sono più sereni, sanno di avere una caparra in cielo, si donano ai fratelli aspettando il giorno di riabbracciare quel figlio apparso e scomparso come una meteore. Il loro unico, indimenticabile figlio. Non esiste il regno dei vivi e il regno dei morti. Esiste il Regno del Dio vivente, dove non c’è posto per il peccato, la sofferenza, la morte. Dove il Padre, amante della vita, asciugata ogni lacrima dai nostri occhi, sarà tutto in tutti.