Opinioni

Il direttore risponde. Siamo uomini e donne, ed è tanto

Marco Tarquinio mercoledì 16 luglio 2014
Gentile direttore,
leggendo l’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo sulla famiglia risulta ben chiara la linea della Chiesa cattolica che, se non erro, accoglie sempre la persona e cerca di dispensare vicinanza e aiuto, spesso fondamentali, perché essa si risollevi dalle innumerevoli cadute che accompagnano il cammino di tutti noi verso l’Eternità. Così sembra che cerchi di fare anche con le nuove realtà "gender" che improvvisamente hanno preso a crescere, alimentate da chissà quale dilagante energia. Non capisco comunque a chi giovi il voler confondere un Istituto – stavo per scrivere un "Ministero" – così chiaro come il matrimonio, sia pur praticato in sola forma civile, al punto di voler rivedere la sua stessa definizione. E allora ho pensato a questo quesito: "Se noi piantiamo un seme di rosa in un campo di tulipani, quando quella rosa crescerà e fiorirà avremo forse un altro tulipano diverso solo nelle sembianze, che andrà colto, confezionato e venduto come tutti gli altri tulipani?". Improvvisamente la risposta mi è sembrata chiara: lamentavamo da tempo scarsezza di tulipani nei bei campi della nostra amata terra italiana e ci siamo inventati un modo per ovviare al problema. Probabilmente sarà così anche per altre cose in questo periodo di crisi. Lei cosa ne pensa?
Esmeralda
 
Rispetto la sua dissimulata identità, gentile signora, augurandomi che lei si senta ancora una signora quando leggerà questa mia risposta e, dunque, la «dilagante energia» di quelle che chiama «nuove realtà gender» non l’abbia indotta a cambiare avviso... Me lo auguro perché penso che gli avvisi possano cambiare quanto si vuole, ma il nostro essere uomini o donne no. E questa dualità, mi creda, ha in sé già tanto, tutta la vita possibile e ogni “impossibile” sogno. Per questo nessuna energia – dilagante o meno – riesce a modificare la realtà di un’umanità al maschile e al femminile. Mi fa, perciò, piacere constatare che lei considera il matrimonio un istituto che non sopporta confusioni: è e resta l’unione solenne davanti alla comunità d’appartenenza di una donna e di un uomo, è e resta il fondamento della famiglia, «società naturale» che si può solo riconoscere e non manipolare a piacimento (la nostra Costituzione dice proprio questo, e lo fa con assoluta chiarezza e con bella e ancora troppo disattesa forza programmatica). Parto da questa essenziale premessa per dirle che mi fa meno piacere, perché mi sembra piuttosto confuso, il ragionamento che lei sviluppa con la metafora/quesito su rose e tulipani. Una rosa resta una rosa, anche se viene piantata in un campo di tulipani, così come un uomo resta un uomo o una donna resta una donna, qualunque cosa faccia di sé, qualunque cosa gli venga fatta, in qualunque luogo e situazione si ritrovi. La sua dignità personale è insopprimibile, la sua statura irriducibile, la sua natura innegabile. E le sue relazioni sono importanti, ma non tutte uguali e non tutti i rapporti sono matrimoniali o matrimonializzabili. Certo non quelli tra persone dello stesso sesso (che possono, se vogliono, stabilirli sul piano patrimoniale). Quanto alle “carestie” che sperimentiamo in Italia, a cominciare dalla crisi demografica – cioè dalla «scarsezza» di figli – che mi pare lei evochi sempre attraverso la metafora dei tulipani e della rosa “tulipanizzata”, non c’è soluzione senza un riconoscimento che non può essere confuso o confusionario e senza un sostegno effettivo di quella «società naturale» tra un uomo e una donna che costituisce il “grembo” delle nuove vite e del futuro di ogni comunità civile. Pensare che al di fuori di questa semplice differenza e della necessità di un fertile incontro tra una madre e un padre ci sia l’«invenzione» vitale che risolve tutto è un’illusione e una menzogna. Lontano dal dato naturale e dalla gratuità (a volte, lo so bene, anche complicata e persino tradita) della relazione generativa uomo-donna ci sono inesorabilmente il laboratorio e il mercato, con i loro banconi, con le provette o i cataloghi delle coltivate presunzioni, con i cartellini dei prezzi dei figli a ogni costo. E ci sarà, se si continueranno certi errori e alcuni orrori, un’angosciosa ricerca delle radici di persone derubate della madre o del padre naturali, e persino di entrambi. Ecco che cosa penso, gentile signora, e sono convinto che gli uomini e le donne di questo e di ogni altro tempo – finché avranno coscienza e cuore, finché useranno la ragione – non potranno che pensarlo a loro volta. Qualunque sia il modo di vivere di cui sono protagonisti e responsabili.