Opinioni

Il direttore risponde. È forte il disagio «moderato»

mercoledì 23 marzo 2011
Sono un medico, consigliere comunale del Pd nel Veneziano, perplesso e contrariato davanti alla maniera del partito di togliersi di impiccio davanti a problemi etici delicati, come quelli della fine della vita, nascondendosi dietro l’ennesima richiesta di rinvio della legge sulle Dat. Ci aspettavamo che la logica negativa della "posizione prevalente", che mortifica chi è fuori dal gregge, venisse superata da un atteggiamento positivo in grado di rispettare e valorizzare tutte le culture e le sensibilità presenti nel riformismo italiano che il Pd dice ancora di volere rappresentare. Lasciando libertà di coscienza ai parlamentari sarebbe stato consentito loro di dare un contributo a una legge che non è di destra o di sinistra. Invece ecco venir fuori dalla stanza dei bottoni una posizione "unitaria" politicamente debole che, astutamente, avrebbe dovuto tenere buoni i moderati, ma che invece non solo ci scontenta ma rivela poca considerazione per le nostre capacità di giudizio. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: i continui abbandoni del Pd da parte di tanti moderati. Inspiegabile è solo la sufficienza, al limite dell’indifferenza, dei leader moderati del Pd che di questi elettori ed esponenti dicono di essere l’espressione, ma che si comportano da cooptati della segreteria. Chi rappresenteranno domani? Soltanto chi avrà garantito loro la ricollocazione parlamentare grazie a una legge elettorale avversata in pubblico ma difesa in privato?

Gabriele Petrolito, Mirano (Ve)

La sua lettera, caro dottor Petrolito, è di una chiarezza e una logica esemplari. Ed è una franca e seria "voce da dentro" il Partito democratico. Credo, infatti, che lei segnali un problema cruciale, che sarebbe riduttivo considerare solo di democrazia interna. Le questioni che lei pone sono infatti politicamente strutturali e riguardano, dunque, il profilo e il destino stesso di una delle forze cardine del quadro politico nazionale. Le auguro di riuscire a farsi sentire e capire, e spero – da osservatore attento e interessato – che l’allarme e il disagio che lei esprime così efficacemente possano trovare risposte niente affatto formali nella concreta azione politica del Pd e delle sue grandi componenti interne. La sua amara considerazione finale a proposito dell’incrollabile favore di tanti esponenti politici per l’attuale legge elettorale nazionale mi conferma, gentile amico, che la battaglia perché quelle regole cambino è difficilissima. Ma proprio per questo è essenziale.