Opinioni

S’impone una riforma seria. Che attui la Costituzione. Finanziamenti ai partiti: svolta decente in tempi decenti

Sergio Soave venerdì 3 febbraio 2012
Il caso dell’amministratore di un partito disciolto (la Margherita) che ha confessato di aver distolto ingenti capitali, quale che sia l’esito giudiziario di una vicenda che presenta aspetti confusi e tuttora oscuri, impone una riflessione severa sulla situazione dei partiti, la cui evidente crisi di rappresentatività e di funzione ha raggiunto ormai limiti inaccettabili. Secondo la Costituzione «tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Siccome a ogni diritto corrisponde un dovere, al diritto dei cittadini corrisponde l’obbligo per i partiti di organizzarsi secondo il «metodo democratico», il che implica anche l’esigenza di finanziasi in modo trasparente e controllabile.Quanto le due questioni siano connesse appare evidente, perché un’effettiva dialettica democratica rende difficile una raccolta e un uso improprio delle risorse e una gestione corretta delle risorse impedisce che blocchi di potere interni, controllando le risorse, diventino irremovibili paralizzando la democrazia. L’autoriforma dei partiti è da tempo un’esigenza avvertita dall’opinione pubblica e dall’elettorato, che votando a maggioranza per l’abolizione del finanziamento pubblici aveva dato un segnale inequivoco. Invece, la proibizione è stata aggirata con l’introduzione dei cosiddetti rimborsi elettorali, mentre la vita dei partiti ha preso ad avvitarsi sempre più in una logica di centralizzazione e secessionismo. Alla fine la stessa funzione specifica dei partiti – assicurare l’indirizzo politico del Paese (dal governo) e l’alternativa (dall’opposizione) – è entrata pesantemente in crisi. Sino a venire sostanzialmente meno. Così, dopo quella che è stata chiamata sarcasticamente la "partitocrazia senza partiti" si è arrivati al "governo fuori dai partiti", vista la paralisi cui era giunta la maggioranza di centrodestra e l’incapacità delle due diverse opposizioni di fornire una soluzione di ricambio.Chi crede – e noi siamo tra questi – che i partiti restino, comunque, una risorsa indispensabile per una democrazia, che negare una qualche forma di sostegno pubblico all’attività politica la riserverebbe a ceti abbienti o a poteri non elettivi, non può rassegnarsi al loro declino inesorabile. Naturalmente spetta ai partiti stessi intervenire imponendo e imponendosi, per legge, norme serie e severe. Servono regole minime ma stringenti, che senza pretendere di interferire sulle scelte proprie di ogni forza politica della forma-partito che intendono realizzare, garantiscano il diritto del cittadino a concorrere alla formazione della volontà politica in condizioni di parità.Qualche partito ha già annunciato proposte, qualcuno dice che vanno addirittura approvate in una settimana. Non si pretende tanto: si rifletta e si cerchi il massimo consenso parlamentare, ma si arrivi in tempi decenti a una soluzione decente, nell’interesse stesso dei partiti e di una dialettica democratica degna di questo nome. Altrimenti il solco già grande che separa la politica e i suoi strumenti dal comune sentire si allargherà fino a diventare davvero irrimediabile. Il che, complice una situazione economica e sociale assai critica, rischierebbe di aprire il passo ad avventure di ogni genere.