Opinioni

L'antico Ferragosto e la festa dell'Assunta. L'Assunta, felice caparra del nostro domani

Giorgio De Simone venerdì 15 agosto 2014
Festa antica, il Ferragosto. Istituita dall’imperatore Augusto (feriae Augusti, riposo di Augusto) nel 18 a.C. nei secoli divenne festa augurale, fu obbligatoria nel Rinascimento nello Stato pontificio, portò i treni popolari durante il ventennio e sempre, comunque, rimase festa di giostre, di sagre, di alberi della cuccagna, di pranzi al sacco, insomma festa grande. Ma nella nostra religione il Ferragosto è molto più di tutto questo. È la glorificazione di Maria innalzata al cielo in anima e corpo secondo quanto definito da papa Pio XII con il dogma dell’Assunta promulgato nell’anno giubilare 1950, l’1 novembre, giorno di Tutti i Santi. Oggi, a sessantaquattro anni di distanza, ci possiamo chiedere quale necessità ci fosse di questo dogma. Pio XII non lo decise a cuor leggero. Fin dal 1946 si consultò con tutti i fratelli vescovi ricevendone, peraltro, un consenso generale.  Poi ricercò nella storia e nel magistero della Chiesa i fondamenti necessari. Non faticò a trovarli. Per dirne solo qualcuno, Giovanni Damasceno, Germano di Costantinopoli, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Bonaventura e Bernardino da Siena avrebbero benissimo potuto, per quanto pensarono e scrissero, sottoscrivere il dogma dell’Assunta. Ma più ancora dei 'Santi Padri' e dei 'Grandi Dottori' lo avrebbe sottoscritto quello che noi chiamiamo il popolo di Dio. Da lì, dalla trascinante forza dei fedeli di ogni tempo, giunse il decisivo sì alla formulazione di una regola di fede che veniva, tra l’altro, a completarne un’altra, quella dell’Immacolata Concezione proclamata 96 anni prima da Pio IX. E inoltre, a confortare ancora di più e, si potrebbe dire, direttamente il Papa, fu ciò che egli osservò prima e dopo la proclamazione del dogma.  Passeggiando nei Giardini Vaticani, il 30, 31 ottobre, l’1 e l’8 novembre, il Pontefice vide roteare il Sole. Lo attestò egli stesso in un appunto, esposto poi in una mostra del 2008 («Pio XII. L’uomo e il pontificato», curata da Andrea Tornielli): «Ho visto il miracolo del sole, questa è la pura verità». Era lo stesso fenomeno cui assistette la folla dei fedeli a Fatima il 13 ottobre 1917, era qualcosa di innaturale, un 'fuori onda' indicante un intervento mariano: lo stesso che oggi, se e quando la Chiesa confermerà la voce popolare, potrebbe avvenire a Medjugorje. Resta il fatto, comunque, che per un uomo del nostro tempo, istruito ormai quasi esclusivamente da Scienza e Ragione, credere nell’assunzione corporea di Maria in cielo non sia facile. Anche perché, come dichiarato da Joseph Ratzinger al giornalista Peter Seewald ( La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa, Jaca Book, 1979), noi non sappiamo cosa sia il cielo. «Questo dogma ci risulta particolarmente difficile da comprendere e accettare, perché non riusciamo a immaginarci cosa si possa intendere in questo caso per 'cielo', e come un corpo possa essere 'assunto in cielo'. Questo dogma rappresenta quindi una grande sfida alla nostra capacità di comprendere che cosa siano il cielo, il corpo, l’uomo, e quale possa essere il futuro di questi». Ma all’infuori delle asserzioni dogmatiche, la devozione a Maria è stata sempre immensa, il che fa pensare che la sua Assunzione sia, come attestato dallo sterminato numero di processioni e feste che la celebrano nei giorni di Ferragosto, prima che un dogma, un fatto di popolo, di massa, di milioni e milioni di fedeli che hanno creduto nella «benedetta fra le donne» assunta in cielo con l’anima e con il corpo. Un dogma, dunque, di origine e natura popolare, se così si può dire. Un asserto che, per citare ancora il futuro Benedetto XVI, «ha la sua origine, la sua forza motrice e anche il suo obiettivo non tanto nel contenuto di una proposizione, quanto piuttosto nell’atto dell’omaggio, dell’esaltazione». Una verità di fede, in conclusione, che ci mostra Maria non solo come la Mater Virgo e Regina da noi invocata, ma come Colei la cui vita e soprattutto la non-morte sono felice caparra alle nostre speranze.