Opinioni

L'atleta del Gambia tra i dispersi. Fatim che dà volto a tutti quei figli perduti

Marina Corradi sabato 5 novembre 2016

Era una promessa. Un giovane talento del calcio femminile africano, Fatim Jawara, 19 anni, dal Gambia. Glielo avevano detto tante volte che era brava, tanto brava, in porta, che faceva delle parate fantastiche.

Quattro anni fa, a appena 15 anni, con la Nazionale under 17 del suo Paese era andata ai Mondiali di calcio giovanile in Azerbaigian. Forse quel viaggio era stato decisivo: giocare con le atlete del 'primo' mondo, sentirsi brava come loro. E scoprire, anche, come viaggiando in aereo le distanze sono piccole, e ogni meta vicina.

Fatim aveva intravisto il nostro mondo, lo aveva sfiorato, e aveva cominciato a sperare. Voleva venire in Occidente, far valere il suo talento, mostrare in porta la sua abilità di gazzella nera – più veloce, nei tuffi, del pallone. Fatim risulta dispersa al largo della Libia dal 22 ottobre. Insieme ad altri 29, nel naufragio di un gommone. Nelle foto su Facebook è una ragazzina magra che sorride, certa di avere tutta la vita davanti.

Nell'ultima immagine, a luglio, è felice, al matrimonio del fratello. Poi, più niente. Non aveva più tempo per il mondo virtuale, Fatim: stava preparando il viaggio verso la Libia, e poi l’Occidente. Stava mettendo insieme i soldi per pagare i trafficanti, stava salutando gli amici. 'Vado in Italia', avrà detto a tutti, con quel suo sorriso.

La traversata del deserto, la Libia ribollente di guerra. A diciannove anni appena, pensate: l’età alla quale, per noi, le nostre figlie sono poco più che bambine. Doveva essere coraggiosa davvero, Fatim, per affrontare insieme la solitudine, il deserto, la guerra, e il mare. Con quale carico di speranze si era messa in viaggio, per giocarsi tutto in quella grande partita. La storia di questa ragazzina ci commuove perché c’è dietro un volto, un talento, dei sogni, e dunque Fatim esce di slancio dalla massa anonima di sconosciuti che quasi ogni giorno muoiono nel Mediterraneo. Anche i 239 affogati dell’altro ieri avevano, tutti, alle spalle famiglie, madri, fratelli, amori, ricordi; e coraggio, da vendere, per affrontare quel viaggio. 239 Fatim, dovremmo dire, sono in fondo al mare con le loro speranze. Insieme a tutti gli altri, le migliaia ormai che il Mediterraneo, come una grande tomba, ha accolto nel suo grembo, per sempre.

E noi da questa parte del mare un po’ abituati, un po’ impotenti, a guardare. All’ultimo tg, ancora 239 morti. Sapere, almeno, che erano come i nostri figli. La stessa età, lo stesso sorriso.