Opinioni

Il direttore risponde. Cattolici, politica e valori: linearità di impegno

mercoledì 25 agosto 2010
Caro direttore,vorrei proporre alcune riflessioni in merito all’intervento di Carlo Casini apparso il 14 agosto su Avvenire. Il presidente del Movimento per la Vita strutturava la sua riflessione a proposito dei temi etici non negoziabili (tra i quali la tutela della vita prenatale – oggetto precipuo dell’associazione che guida) riprendendo l’idea in virtù della quale sussisterebbe una sorta di gerarchia all’interno dell’etica, che conduce alla negoziabilità o meno del singolo “tema”. È da anni che viene operata questa distinzione: quali frutti ha portato? A mio modesto avviso, ha condotto proprio a fare mercato dell’etica, in particolare in politica. Anziché supportare una testimonianza etica più globale, al fine di “tutelare” chi (quasi sempre solo a parole) si fa garante di una bioetica in linea con il Magistero, misteriosamente è calato il silenzio sul conflitto di interessi tra poteri mediatico economico e politico che hanno condotto all’azzeramento di un’opinione pubblica consapevole e all’aumentare di quella gelatina favorevole alla corruzione denunciata da anni dalla Corte dei Conti; sulle leggi ad personam e sui provvedimenti a favore dell’impunità dei potenti; poco o nulla è stato detto sull’elezione di parlamentari pregiudicati e in legami non chiari con la criminalità organizzata; sulla progressiva e continua mercificazione del lavoro; sull’amplificazione della paura del diverso per fini biecamente elettorali; sull’annullamento della cooperazione allo sviluppo dei popoli in preda alla fame che poi giungono a bussare alle nostre porte, e si potrebbe continuare l’elenco con molti altri esempi. Insomma, la gerarchizzazione dei temi etici ha prodotto ben pochi risultati, ha diviso al suo interno lo stesso mondo cattolico, e ha dato troppo spesso l’idea di essere un gioco di potere, più che una testimonianza cristiana. Non vale la pena eliminare questa distinzione tra negoziabilità e non negoziabilità e la patente di “cattolico” o “non cattolico” a singoli provvedimenti legislativi? Cordiali saluti

Umberto Fabbro, Padova

Tutto questo «silenzio» non l’ho sentito e non lo sento, caro signor Fabbro. E tutto quel «poco o nulla» – glielo dico da cronista – proprio non mi risulta. Quanto alle etichette delle leggi, so che in genere le dànno (a volte spropositando, altre solo semplificando) polemisti e giornalisti. Io, poi, conosco leggi più o meno buone, ma mai ho letto (e visto applicato) un sistema di norme che fosse possibile definire “legge cattolica” e mai da parte della Chiesa ho visto attribuire una simile dignità. Pensi solo alla Legge 40, quella che ha posto limiti di minimo rispetto umano e medico al vergognoso far west della fecondazione assistita e che tanti credenti e laici (noi compresi) hanno per questo motivo difeso da una salva di quesiti referendari abrogativi: se fosse una “legge cattolica” come dicono, direbbe semplicemente che i figli non si possono “costruire” in provetta. Quanto alla non negoziabilità dei valori fondamentali, mi chiedo perché mai – e l’esempio è tutt’altro che casuale – il pieno riconoscimento del valore della vita umana debba essere considerato un valore “solo” cattolico e perché i laici che condividono questa visione limpida, esigente e bella debbano essere trattati, con sussiego, da «atei devoti» e tutti insieme, laici e cattolici, finiscano regolarmente per essere vituperati come «teocon berlusconiani» o «scocciatori teodem». Importanti segnali di dialogo tra esponenti di partiti diversi di maggioranza e di opposizione intrecciatisi, nei giorni scorsi, proprio sulle pagine di Avvenire hanno confermato che avere idee chiare su ciò che davvero vale, oggi come ieri, aiuta a evitare vaghezze e vuoti di memoria o di agenda. Una simile bussola è una enorme risorsa, non una convenienza e men che meno un impaccio. Ma mi rendo conto, gentile amico, che non tutti e non sempre lo capiscono, anche tra illustri analisti, soprattutto se si scivola sul piano inclinato delle letture “politicistiche” del nostro complicato presente segnato (anzi spaccato) da contrapposizioni e demonizzazioni e sospeso tra mirabolanti ricerche di più avanzati equilibri scientifici, sociali e politici e ansiose domande di lavoro, di futuro e di sicurezza. Eppure bisogna continuare a dire e a testimoniare con tutta la possibile concretezza – su questo ragionava Carlo Casini, lo scorso 14 agosto – che quei valori cardine – rispetto integrale della vita umana e della famiglia generatrice di vita, libertà di far crescere i nostri figli e di formare e dispiegare la loro umanità – sono all’origine delle volontà di giustizia, di uguaglianza, di fraternità e di pace e riempiono di senso il lavoro per realizzarle. Per questo mi domando: come ci si può rassegnare al fatto che, in qualunque condizione, di fronte a qualunque disagio, si facciano giochi e mercato (anche politico) sulla vita? E come si può non capire che ogni capacità di accoglienz e ogni difesa delle identità e della dignità della persona cominciano da lì? Io vedo (quasi sempre lontano dai riflettori) una faticosa e grande opera di umanizzazione – per noi cattolici figlia del Vangelo – che non si ferma. E vedo (sotto coni di luce ben studiati) forze suadenti e potenti che la contrastano, perché non sopportano limiti. Vedo reazioni che diventano addirittura arroganti quando si trovano di fronte a parole forti e chiare come quelle contenute nella Caritas in veritate e sentono parlare di princìpi «intoccabili». Beh, mentre la saluto con viva cordalità, gentile amico, mi sento di ripetere che costoro non hanno ragione. E non possiamo dargliela. (mt)