Opinioni

Il direttore risponde. Evasione, parole chiare e fatti

domenica 19 giugno 2011
Caro direttore,le scrivo perché concordo con quanto Avvenire ha scritto anche recentemente per la penna di Sergio Soave. Ma nello stesso tempo desidero evidenziare che la situazione economica nazionale si aggrava sempre di più. Sembra che nessuno comprenda che bisognerebbe mettere da parte l’ideologia e occuparsi del bene degli italiani. Tema che è stato più volte affrontato dal cardinal Bagnasco. Ritengo che ci siano troppi furbi sulla scena pubblica, e che evadere il fisco sia diventato anche un fatto di moda. E allora, cosa fare? Forse dire e ribadire che nessuno può autonomamente decidere di non pagare le tasse, è ormai troppo poco. Bisognerebbe, invece, pensando a quanti non arrivano alla fine del mese, e quanti altri si affiancheranno nei prossimi tempi a questi "nuovi poveri", essere più incisivi. Ad esempio: «Pensi di meritare una sanità migliore? Servizi pubblici migliori in generale? Se sì, denuncia gli evasori e quelli che fanno lavoro sommerso!». E se la Chiesa dichiarasse che chi non paga le tasse, e così danneggia tutti quelli che fanno il proprio dovere, è uno scomunicato? Qual è il suo pensiero riguardo agli evasori?

Raffaele Tatavitto

Ciò che penso l’ho detto e scritto molte volte, caro signor Tatavitto, con sintesi persino brusca: l’evasione fiscale è un furto. E molte altre volte il concetto è stato proposto e spiegato sulle pagine di Avvenire, riproponendo il magistero del Papa e dei vescovi e la lineare verità che emerge dai testi evangelici ed è parte importante della visione cristiana della vita e della società: la «corresponsabilità nel bene comune» comporta «l’esigenza morale del versamento delle imposte». È una citazione tratta dal Catechismo della Chiesa cattolica, non certo una scoperta dell’ultima ora... Eppure hanno persino provato a far credere che lo fosse, quando qualcuno ha “scoperto” che Youcat – il catechismo per i giovani voluto da Papa Benedetto – è più articolato ma altrettanto diretto e chiaro del Catechismo “maggiore”: il ricorso a «furberia» per «eludere sistemi fiscali complessi non è ammissibile» e «l’elusione e la frode fiscale sono immorali, come anche la falsificazione e l’occultamento di fatti praticati per sottrarsi a una giusta contribuzione».Quanto alla sua idea di dichiarare la “scomunica” degli evasori fiscali, il mio parere vale poco. Ma – alla luce del «dare a Cesare quel che è di Cesare» – ritengo che poiché la dottrina della Chiesa è assolutamente esplicita e impegnativa sul punto per un credente, mentre l’azione dello Stato dal punto di vista del cittadino onesto non è affatto adeguata, sia proprio quest’ultimo a dover fare finalmente qualcosa di semplice eppure clamoroso: il proprio mestiere. Stabilisca tasse giuste, cioè ben proporzionate ed eque (soprattutto nei confronti della famiglia) e vegli in modo serio sul loro pagamento da parte di tutti. Ad esempio non rendendo vantaggiosa l’evasione fiscale. Oggi, purtroppo, evadere le tasse significa il più delle volte correre il “rischio” (!) di pagarle solo anni dopo, e in misura assai ridotta... Un’ultima cosa, sul “denunciare” gli evasori. Mi hanno insegnato che riconoscere, denunciare e affrontare il male è un dovere, morale e civico. Tuttavia constato anche che poter chiamare il 117 non ha risolto il problema. Credo però di sapere qual è l’imbocco della via maestra: smettiamo – tutti – di pagare “in nero” (e magari lo Stato ci aiuti creando stabili vantaggi fiscali a pagare “in chiaro”) e pure questo contribuirà potentemente a far versare – a tutti, ma davvero a tutti – tasse giuste e meno pesanti...