Opinioni

Il direttore risponde. «Eterologa, tutti facciano pagare a tutti» L'ingiustizia grave, mi creda, non è qui

Marco Tarquinio giovedì 16 aprile 2015
Gentile direttore, il Consiglio di Stato ha, dunque, deciso che in Lombardia «è una discriminazione far pagare l’eterologa interamente alle coppie», in quanto in alcune altre Regioni è invece garantita gratuitamente o con il solo pagamento del ticket. Bene, si tolga la discriminazione, facendola pagare ovunque per intero perché l’eterologa non è una malattia e la coppia che vuole avere un figlio, non suo, a tutti i costi, almeno paghi. Altrimenti adotti, facendo oltretutto del bene a chi è stato abbandonato. Roberto Nuara, Monza Non penso sia giusto porre su un piano, per così dire, “punitivo” il tema della fecondazione artificiale eterologa (cioè realizzata attraverso il seme maschile o l’ovulo femminile, o entrambi, estranei alla coppia richiedente): tu vuoi un figlio a tutti i costi, allora devi pagare tanto. Non è in alcun modo una questione di “prezzo” o di “sanzione”, gentile signor Nuara. Non lo è mai. E sono sicuro che, al di là della battuta polemica e a effetto, anche lei la pensa esattamente così. Voglio dire che credo che il problema non siano soprattutto le persone che nutrono l’umano “desiderio” di un figlio e arrivano ad assolutizzare la via che passa per un “parto” governato, comunque si realizzi, dalla loro stessa volontà “desiderante”, ma i giudici e i legislatori che assecondano questo tipo di “desiderio”, definendolo addirittura «incoercibile», e che arrivano a rivestirlo dell’armatura di un «diritto» inscalfibile e, così, palesemente si infischiano del sacrosanto “desiderio” – esso, sì, vero e ineliminabile diritto di ogni uomo e di ogni donna – di poter ragionevolmente conoscere la propria origine, la propria autentica storia genetica. Un figlio, qualunque figlio, ha diritto di sapere tutto il possibile delle proprie radici.  Lei, poi, evoca la via alla paternità e alla maternità che passa invece, in modo generoso e consapevole, per l’adozione di un bimbo o di una bimba senza famiglia, persone alle quali una famiglia, così, può essere data. Mi sembra opportuno insistere su questo. Trovo infatti incredibile, amaramente incredibile, che non si riservi da parte di giudici e legislatori la stessa attenzione e la stessa strenua volontà di tutela del “desiderio” di famiglia di quel bambino o di quella bambina e dello speculare “desiderio” dei potenziali genitori adottivi. E trovo sempre più insopportabile che lungo il cammino esigente, paziente e appassionato dell’adozione non si prevedano – anche a livello economico – passaggi sostanzialmente gratuiti o appena gravati, per restare nella stretta analogia con l’eterologa, da una sorta di modesto ticket… L’adozione oggi è trattata come un lusso. Le persone normali che si permettono questo “lusso” (per me umanamente eroico) lo fanno per puro amore, remando controcorrente, pagando prezzi non simbolici, una serie infinita di ticket ingiusti e più o meno occulti, e subendo spesso vere e proprie sanzioni come se stessero commettendo una colpa. È uno scandalo. Che forse riusciremmo civilmente a risolvere se certi cantori della libertà di adulto desiderio (e, come più d’uno realisticamente annota, di adulterio di laboratorio) dedicassero al tema dell’adozione anche solo metà dell’assillante e retorica attenzione concentrata sull’eterologa.