Opinioni

L'incendio nordafricano e l'Italia che ben pochi considerano. Accade un mondo ma non lo si vuol vedere

Gabriella Sartori mercoledì 2 febbraio 2011
Si è incendiato il Nord Africa e brucia l’Egitto, Paese arabo da sempre considerato perno dell’amicizia con l’Occidente: un incendio che, per una miriade di fondate ragioni, fa paura, specie all’Europa, così geograficamente vicina, così politicamente (e culturalmente) lontana. Soprattutto colpevolmente distratta.Distrazione non solo europea. E non solo politica. Ma distrazione colpevole su tutta la linea. Perché, anche stavolta, di questo improvviso irrompere sulla scena di una rivolta popolare così ampia, così densa di allarmanti interrogativi per il futuro, quasi nessuno degli "esperti" s’era accorto, lo aveva previsto. E adesso, di fronte all’eruzione in corso, non trovano nulla da dire se non quello che qualsiasi profano vede a occhio nudo: è un rivolgimento, una rivoluzione, che resterà sui libri di storia. Ma in che modo, con quali conseguenze, nessuno lo sa . Eppure, averlo capito in tempo sarebbe stato necessario e utile, anche se non sufficiente.Così non è stato; ma non è una novità. Perché, solo per stare agli ultimi decenni, nessuno, o quasi, aveva previsto in tempi utili avvenimenti epocali quali il crollo del Muro di Berlino, non l’11 settembre 2001 a New York, non l’impennarsi del terrorismo, non la crisi finanziaria mondiale ancora in corso. Sono state tutte immense "sorprese". E si potrebbe continuare con gli esempi.Dunque, perché mai gli "esperti" non riescono a fare il loro mestiere? Per fortuna, qualcuno, fra loro, si pone onestamente la domanda. E dà risposte convincenti: se gli esperti non riescono più a vedere "avanti" come sarebbe loro compito, forse è perché si concentrano nello studio degli Stati, (governi, capi di stato, strutture economiche, politiche, culturali e simili), trascurando però quello dei popoli che li abitano. Sembra l’uovo di Colombo, ma probabilmente è vero. Tanto più in tempi di internet, di globalizzazione, ecc..In altre parole: se non ti sforzi di andar a vedere, a sentire come vive e cosa pensa la massa delle persone, quella reale, non quella che ti passa il circuito dell’informazione più o meno "ufficiale", più o meno paludata, non potrai mai capire dove e come sta andando il mondo.È una lezione anche per l’attualità più stretta del nostro Paese: a volere credere ai mass media l’Italia è una nazione fatta di Ruby e dintorni (tutti i talk show che se ne sono occupati hanno, in effetti, aumentato l’audience),di immondizia per le strade, di mafiosi, di evasori al cubo, di politici corrotti e incapaci, e simili. Non che tutto questo non sia vero: ma c’è anche un’altra Italia (ed è maggioritaria) che sui mass media non compare. Un’Italia per bene che non fa audience: soprattutto perché il grosso dell’informazione non le dà spazio. Nessuno chiede di non denunciare i mali che affliggono il nostro Paese, diceva saggiamente il cardinal Tettamanzi ai giornalisti milanesi riuniti per la festa del loro protettore S. Francesco di Sales, ma questa che domina in questi giorni è una visione mutilata della realtà. Anzi: l’Italia vera è un’altra, fatela vedere. Ed è un peccato che a quella riunione mancassero i corrispondenti esteri, nonché quasi tutti gli "esperti" di cui sopra: i quali, tranne rare eccezioni, nel delineare il profilo del nostro Paese, più che ad andare a vedere come sono davvero gli italiani, (per le strade, nelle famiglie, nelle aziende, nelle scuole, nelle parrocchie, nelle associazioni di volontariato, nelle università) si limitano a ripetere quello che ne apprendono sui nostri mass media o frequentando solo certi circoli...E dunque, anche da noi c’è un vuoto di informazione sulle reali condizioni del nostro Paese. Che, se fosse davvero quello di Ruby & Co., sarebbe già scomparso da un pezzo. Perché, invece, sta ancora in piedi? Perché è sostanzialmente diverso da come lo si dipinge, anche se gli "esperti" non lo sanno, non lo vedono e, se lo vedono, non ne parlano. E questo è un danno, anche per loro: potrebbero venire, per l’ennesima volta, sonoramente smentiti. È una constatazione, ma anche una speranza.