Opinioni

Il contributo dei cattolici alla vicenda nazionale. Ieri e oggi. Per un ethos condiviso

Ernesto Preziosi venerdì 3 giugno 2011
L'occasione del 150° dell’unità nazionale ci consente di considerare la data del 2 giugno in una luce diversa. Proprio perché l’apporto dato dai cattolici alla vita del Paese, su cui quest’anno in varie forme si è tornati a riflettere, ci mette di fronte a una storia unitaria che è fatta di molte singole pagine ulteriori a quelle risorgimentali, e ci offre l’occasione per ripensare attraverso quali passaggi un cattolicesimo vivo ha saputo alimentare quell’ethos condiviso, che è la base di ogni convivenza umana. Può essere infatti utile, nell’attuale fase politica, ripartire come cattolici da una riflessione fatta sulla nostra presenza nel lungo percorso unitario, su come si sia arrivati a superare una sostanziale estraneità e avversione rispetto allo Stato risorgimentale, che con l’unificazione del territorio nazionale apriva la «questione romana». Come è noto sarà Paolo VI, cento anni più tardi, a riconoscere la provvidenzialità di quei fatti che, pur ingiusti, avevano consentito alla Chiesa di manifestarsi libera dal potere temporale nel suo volto spirituale, come sacramento di salvezza per le genti. Il lungo percorso del cattolicesimo sociale seppe costruire nel Paese, intorno alla Rerum Novarum (1891), una fitta rete di opere sociali e iniziative culturali a carattere popolare, collocando i cattolici dalla parte del Paese reale. Un apporto fondamentale per "fare gli italiani". C’è poi la pagina della Prima guerra mondiale che segna, dopo la disfatta di Caporetto, una esplicita mobilitazione patriottica e il riaffacciarsi dei cattolici alla ribalta dello Stato unitario che si dotarono anche, di lì a poco, di un partito politico, quale quello aconfessionale ma di esplicita ispirazione cristiana fondato da don Luigi Sturzo (1919). Dopo la parentesi del regime fascista, con il consenso dato anche sull’onda del Concordato del 1929, la pagina della guerra e della Resistenza in cui tanti cattolici si mobilitarono, «ribelli per amore», contribuendo alla liberazione del Paese, farà acquisire un titolo definitivo di partecipazione alla costruzione del futuro Stato. È questa pagina che legittima la nascita già nel 1943-44 di una nuova formazione politica, questa volta di esplicita ispirazione cristiana, la Dc, che avrà un ruolo decisivo nella ricostruzione nazionale, nella scelta occidentale e nei governi che si susseguono per lunghi decenni.Anche per questo la Resistenza non va dimenticata, ma studiata e soprattutto ricondotta alla motivazione profonda, a quell’amore per la libertà e per la pacifica convivenza che riguarda tutti, anche coloro che per i più vari motivi si trovarono dall’altra parte. Il 2 giugno è, allora, la pagina in cui si parla non solo della scelta istituzionale, ma anche di quella politica e per la democrazia: una pagina radicata in una stagione ricca di apporti per la costruzione di un patto sociale tra componenti culturali diverse. Non, quindi, un fatto a sé stante, ma che richiama tutte le pagine precedenti. Come è noto De Gasperi attestò la Dc su una linea di libertà di voto nel referendum tra repubblica e monarchia, opzione frutto della complessità delle visioni presenti nel mondo cattolico e nella stessa gerarchia. Ma è in quel contesto che nasce una delle motivazioni di fondo alla partecipazione democratica che troveranno nella Dc degasperiana un contenitore su cui investire. Il 2 giugno richiama anche una scelta dei cattolici per la democrazia, che si espresse per la prima volta con la partecipazione delle donne alla consultazione referendaria così come a quella elettorale che indicò i membri della Costituente. Fu una mobilitazione senza precedenti, preparata attraverso le "missioni religioso-sociali", all’"aratura cristiana" delle realtà urbane e rurali delle diocesi per portare in tutti gli ambienti, in tutti i ceti sociali, una parola chiara sulle fondamentali verità ed esigenze della vita spirituale e materiale. A maggior motivo alla luce di questa eredità dobbiamo oggi interrogarci sulla "presenza" di un cattolicesimo sociale e politico che avrà necessariamente forme inedite e diverse da quelle del percorso richiamato. Il 2 giugno, che in questo anno speciale abbiamo appena vissuto con solennità, ci invita a fare la nostra parte, a dare il nostro contributo per l’affermazione di un ethos condiviso nel tempo nuovo che ci sta davanti.