Opinioni

Il rispetto delle leggi, delle persone e della morale. Lo Stato di diritto in un ginepraio di «giochi»

Danilo Paolini giovedì 8 settembre 2011
Questo è un giornale e non un tribunale, il nostro compito è quello di dare notizie e analizzare fatti, non di stabilire chi è colpevole e chi innocente. La premessa non è superflua, in un Paese dove spesso i giornali emettono sentenze prima che siano celebrati i processi e dove dai palazzi di giustizia esce materiale bell’e pronto per la pubblicazione. Atteniamoci ai fatti, dunque. Messi in fila, ci raccontano non soltanto che l’Italia si dibatte tra le grinfie di una crisi economico-finanziaria da brividi, ma anche che è alla prese con un’allarmante crisi di legalità: politici nei guai per presunte tangenti o favori (case, macchine, prostitute, vacanze e così via, fino all’inimmaginabile e alle soglie del ridicolo o del patetico, se fosse tutto vero); veleni nelle procure e tra le procure della Repubblica; pm che indagano e arrestano a tutto campo, anche quando sorge forte il dubbio che il campo (inteso come territorio di competenza, stabilito per legge) non sia il loro.Dal 17 febbraio del 1992, data dell’arresto di Mario Chiesa e dell’inizio ufficiale di Tangentopoli, non sembra francamente cambiato molto. Si dice che all’epoca «si rubava per il partito» e oggi solo per arricchirsi. Noi non sappiamo ancora dire se i politici di oggi «rubino», perché aspettiamo con pazienza le sentenze. Ma se lo fanno, lo scopo ultimo è lo stesso di allora: mantenere e accrescere il potere proprio, della propria corrente, del proprio partito. E quella che una volta si sarebbe chiamata «classe dirigente» non appare più credibile agli occhi dei cittadini: per questo le accuse, anche quelle che potrebbero rivelarsi infondate alla prova dei fatti, non sorprendono e magari sembrano verosimili. Proprio come negli anni 90: quelli finiti nella rete di Mani Pulite non erano tutti mascalzoni, ma di chi è stato assolto chi si ricorda più?Il problema, quindi, va oltre il merito dei singoli reati, solo contestati o realmente commessi. E, nella sua complessità, è perfino più grave: investe lo Stato di diritto in quanto tale. Ovvero uno Stato basato sul rispetto delle leggi che esso stesso, liberamente, si dà. L’operato della magistratura è l’altra faccia del medesimo problema: come la moglie di Cesare, chi è preposto a vigilare sul rispetto delle leggi deve essere e anche apparire al di sopra di qualsiasi sospetto di forzatura delle regole. Desta perplessità, per esempio, vedere che a Napoli s’indaga su presunti reati che riguardano (allo stato in veste di parte offesa) il presidente del Consiglio in carica, non per competenza territoriale ma per l’indeterminatezza della stessa. In sostanza, i pm partenopei si sono imbattuti nel presunto tentativo di estorsione dei coniugi Tarantini e di Lavitola ai danni di Berlusconi, ma poiché non è stato possibile stabilire se il reato ipotizzato si sarebbe consumato a Roma, a Milano, ad Arcore (Monza) o a Bari, hanno deciso di procedere loro. Avendo cura di trasmettere ai colleghi di Lecce, in questo caso per competenza sancita dalla legge, gli atti a carico del procuratore di Bari, accusato ora da un suo ex-sostituto di avere rallentato l’originaria inchiesta su Tarantini e le escort accompagnate a Palazzo Grazioli.Insomma, l’ennesimo ginepraio di dubbi e veleni che non giova alla credibilità dell’ordine giudiziario e alla certezza del diritto. L’unica vera certezza è che su alcuni giornali, ancora una volta, stanno uscendo pagine e pagine di intercettazioni telefoniche dalla rilevanza penale più che dubbia, ma in compenso ricche di dettagli degni di una commediola scollacciata. Anzi, «davvero compromettenti da un punto di vista morale», come ha candidamente confidato a un quotidiano un anonimo inquirente. Chi, come noi, pensa che regole di giustizia e regole morali siano importantissime per la vita e la civiltà di una comunità, si sdegna due volte. È purtroppo sempre più chiaro che, nel nostro «Stato di diritto», si gioca con le une e con le altre.