Opinioni

Al cuore dell'emergenza monnezza. Quando cominceremo a «rifiutare» di meno?

Antonio M. Mira venerdì 6 maggio 2011
Miracolo a... Napoli. Forse ci vorrebbe l’ironico talento di De Sica e Zavattini (autori del bellissimo film "Miracolo a Milano") per raccontare l’ennesimo coup de théâtre sul fronte dei rifiuti napoletani. È di nuovo emergenza, con circa 12.800 tonnellate di immondizia per le strade della città e della sua provincia. Ma in realtà non lo è da ieri. E neanche da poche settimane. Lo è almeno dall’inizio dell’anno. Basterebbe scorrere i titoli dei giornali di questi mesi: «Natale a rischio rifiuti», «Pasqua in mezzo alla monnezza», «Primo maggio tra i rifiuti». Insomma niente di nuovo. Come ammette l’onesto e competente assessore regionale all’Ambiente, Giovanni Romano, «il sistema è ancora fragile e corre il rischio di continue crisi». Basta poco, quindi, per far tornare l’emergenza. Bastano, come in questo caso, alcune discariche chiuse o il termovalorizzatore di Acerra che funziona a singhiozzo, e le strade si riempiono di rifiuti. Non perché non si riesca a raccoglierli ma perché non si sa dove portarli. Ma ora, annuncia il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, tornano i militari e tutto sarà risolto. In realtà i soldati non se ne sono mai andati. Continuano a presidiare le discariche, il termovalorizzatore di Acerra e gli impianti Stir di tritovagliatura. «Area di interesse strategico nazionale», si legge sui cartelli. Siamo l’unico Paese del Mondo dove i militari fanno la guardia alla monnezza, come fosse oro. Assurdo? Mica tanto. «Qui trase munnezza e iesce oro», affermava in una vecchia intercettazione il boss camorrista, raccontando gli affari coi rifiuti, quelli delle ecomafie. In realtà in molte parti d’Italia si fanno davvero affari coi rifiuti. Tanti e puliti. Anche in alcune zone della martoriata Campania. A dimostrazione che non è impossibile. Rifiuti come risorsa e non come problema. Nella gran parte della regione, però, purtroppo sembrano solo un eterno problema. Certo, siamo in campagna elettorale per Napoli e tanti altri Comuni, e la spinta a ingigantire la questione, a soffiare sul fuoco del malcontento, a cercare colpevoli, è forte. E, forse, qualcuno mette anche i bastoni tra le ruote di un sistema che fatica ad andare a regime. Tanto peggio, tanto meglio... per poi passare all’incasso al momento del voto. E dimenticarsi di risolvere il problema.Anche i militari in fondo cosa potranno fare? Raccogliere i rifiuti. Ma dove li metteranno? In quale "buco"? Sotto quale "tappeto"? È come svuotare l’oceano col secchiello... bucato. Lo è da decenni e lo è anche oggi. Perché la raccolta differenziata è ferma ancora al 20%, una media tra zone virtuose come il Salernitano, l’Avellinese e il Beneventano che vanno oltre il 50% e il Napoletano bloccato assai sotto la soglia del 20. E poca differenziata vuol dire tanti rifiuti nelle discariche. Ma quando queste chiudono tutto resta per strada. Eppure, come ricorda il bravo presidente di Legambiente Campania, Michele Buonomo, «raddoppiare la differenziata vorrebbe dire allungare del doppio la vita delle discariche e una loro migliore gestione». Ma per ridurre ulteriormente i rifiuti servirebbero anche gli impianti che trasformano l’umido in compost, concime per l’agricoltura. Malgrado tanti soldi spesi, la Campania ha un unico impianto in funzione, appena inaugurato a Salerno. Come è unico il termovalorizzatore di Acerra, mentre per gli altri due ci vorranno non meno di tre anni. E così se questo «fragile» sistema si inceppa, o qualcuno lo fa inceppare, la monnezza torna a riempire le strade. Perché, intanto, nulla si fa per ridurre la produzione di rifiuti. Un impegno che riguarda tutti. Riguarda il sistema industriale che dovrebbe privilegiare prodotti riciclabili o con imballaggi ridotti. Riguarda la pubblica amministrazione che dovrebbe sempre più scegliere prodotti riciclati e, soprattutto, evitare inutili sprechi. Ma riguarda anche tutti noi. Noi cittadini che siamo invitati «ad adottare nuovi stili di vita», e a «una vita più sobria»,  come ha più volte sottolineato Benedetto XVI. Soprattutto noi che viviamo nelle aree del mondo più ricche e sprecone. Meno rifiuti, dunque, anche come atto di responsabilità e di giustizia. Molto meglio che qualche drappello di militari-spazzini in strada.